La visita di Bush in Europa ha lo scopo di sancire una nuova convergenza tra Usa e l’insieme dei Paesi europei dopo una forte divergenza con Francia e Germania dal 2002 in poi. Le cronache ne stanno descrivendo i motivi, ma non le questioni più delicate di diplomazia riservata che avranno un impatto diretto sul nostro interesse nazionale
Ricapitoliamo la parte più nota. L’America è la superpotenza singola militare, economica e tecnologica del mondo, ma non è grande abbastanza per poter governare il pianeta da sola. Finalmente se ne è accorta e, dopo la dimostrazione di forza e della disponibilità a pagare i prezzi – economici di sangue – per gestire i problemi globali, ora sta segnalando che ha bisogno degli europei per tenere sotto controllo un Iran pronto a diventare potenza nucleare aggressiva, concludere con successo la costruzione del nuovo Irak, finalmente chiudere il conflitto tra palestinesi ed israeliani, reinquadrare Siria e Libano, e, grazie a questo, stabilizzare tutto il Medio oriente, togliendo al terrorismo e fondamentalismo islamici spazio di manovra.
Ma la tendenza convergente è spinta anche da questioni meno note, forse più importanti per definire le “vere” agende di negoziato. Il pensiero strategico dell’Amministrazione Bush è mosso dalla priorità di evitare la tentazione, fortemente sentita dalla Germania di Schroeder, di allearsi lungo una direttrice eurasiatica con Russia e Cina in funzione di bilanciamento globale antiamericano. La Germania è la potenza singola europea, soffre la gabbia monetaria e geopolitica dell’Unione, e desidera essere riconosciuta come interlocutore alla pari da Usa, Cina e Russia. La Francia, dopo la riunificazione tedesca nel 1989, ne ha contenuto le ambizioni imponendole l’accettazione di una condivisione a due del potere continentale e utilizzando la formazione di una Unione europea come leva di forza, e cosmesi, per ingabbiare Berlino. Il Trattato di Maastricht (1993) e l’annuncio irreversibile della moneta unica (1996) sono stati generati, in realtà, da questa strategia e non certo da sentimenti europeisti astratti.. Il democristiano Kohl accettò tale soluzione, ma non il socialnazionalista Schroeder. Che, infatti, dal 2000 ha rotto l’asse con i francesi, aumentato la divergenza con gli americani ed allo stesso tempo loro comunicato che Berlino, cooperando su alcune questioni, era l’unico interlocutore europeo per Washington. Quindi Bush si trova con il problema di dover accontentare la Germania ed allo stesso tempo calmarne gli sgomitamenti. E’ un quadro molto complicato, ma con una novità risolutrice che ha determinato un atteggiamento “morbido” da parte Usa: la Francia ha capito – oltre al fatto di avere interessi convergenti oggettivi con gli Usa in Africa e Medio-oriente (Libano) - che senza un’alleanza, pur relativa, con gli Usa, Berlino le scapperà di mano. Inizialmente, ha voluto dimostrarsi più antiamericana ed euroasiatica di Berlino stessa per non lasciare a questa la leadership di un sentimento di autonomismo europeo, ma poi, nel 2004, ha cambiato idea perché ciò rinforzava più i tedeschi che Parigi. In sintesi, l’America ha bisogno del pilastro europeo per rafforzare il proprio e la Francia cerca un miglior rapporto con l’America anche in funzione di bilanciamento della Germania. Infatti questa dovrà accettare tale tendenza, ma scalpita per ottenere in cambio qualcosa da Bush. O il seggio privilegiato all’Onu oppure un dollaro forte che aiuti l’economia tedesca in ginocchio ad esportare di più. La prima soluzione sarebbe un grave danno per l’interesse italiano e francese, infatti da un po’ più dialoganti, la seconda andrebbe bene per tutti gli europei.