Nel 2005 l’economia globale crescerà attorno al 4%. Quella dell’eurozona è prevista crescere sul 2%, ma le stime sono in questi giorni riviste al ribasso, per due motivi: poca competitività delle esportazioni a causa dell’euro troppo alto, pur recentemente calmierato; investimenti e consumi interni piatti per gli eccessivi vincoli e costi posti al mercato dal modello politico prevalente nei Paesi che ne fanno parte. L’Italia si trova inserita in un sistema europeo che la danneggia, con una crisi di competitività nazionale solo in avvio di soluzione, ma entro un ciclo economico globale ancora vitale anche se non esplosivo come lo fu nel 2004 (+ 5%). Ciò vuol dire, in teoria, che se l’Italia riuscisse a muovere un po’ la propria economia interna dandole slancio, questa troverebbe un volano globale che la aiuterebbe anche nella crisi endemica di quello dell’eurozona. In termini di grande scenaristica, ma i cui risultati vanno direttamente nelle tasche di ciascuno, si nota una finestra di opportunità così sintetizzabile: muovere in Italia quelle cose che possano farle agganciare l’economia globale, saltando il più possibile la dipendenza dal ciclo dell’eurozona. Valutiamo tale possibilità.
Certamente la priorità/opportunità nel breve periodo, cioè entro l’anno, è quella di invertire la crisi del settore turistico, tra i più importanti per l’economia nazionale. Qualche buon segnale è arrivato recentemente. Ma si tratta di aggredire le barriere che impediscono un afflusso di turisti almeno eguale alle capacità. Una di queste è l’euro troppo alto che disincentiva il turismo in altre monete e lo porta altrove. Un’altra è il marketing insufficiente a livello globale dovuto al fatto che l’offerta turistica nazionale è troppo frammentata e fatta di unità troppo piccole per offrire pacchetti di servizi veramente competitivi. Rivolti ad un pubblico potenziale fatto di asiatici, est-europei, russi ed americani che sono le nuove aree di attrazione turistica. Quindi si tratta di consorziare tutte queste unità, integrarle in modo tale che emergano pacchetti di offerta molto scontati – appunto per aggirare la trappola dell’euro - e di qualità credibile, nonché ben comunicati. Se tale operazione avesse successo potremmo aspettarci quasi uno 0,5 di Pil in più da aggiungere all’1,6% che, prudentemente, si stima sia la tendenza attuale. Un bel colpo, ad effetto diffuso, che meriterebbe un’iniziativa speciale tra operatori, comuni, Regioni e Stato. Dove quest’ultimo potrebbe inventare un incentivo fiscale per favorire la riforma competitiva di tale settore portante.
Un fronte di analoga priorità riguarda il dare un impulso immediato di ottimismo e capitale alle piccole imprese affinché alcune si riaggiustino e molte possano fare il salto verso il mercato globale. Ciò si può ottenere con una detassazione d’emergenza che ne porti i carichi fiscali totali non oltre il 20 - 25% e una misura che permetta loro di ingrandirsi senza timore eccessivo di incremento dei costi fissi. Il governo sta valutando una misura del genere, anche se non con l’intensità detta, per la fine del 2005 affinché entri in vigore nel 2006. Ma se vi fosse un annuncio credibile anticipato a metà 2005 molte imprese a loro volta anticiperebbero iniziative più aggressive. Che permetterebbero di tamponare la tendenza deindustrializzante attuale e spuntare un pelo di Pil in più, attorno allo 0,2%. Se poi tale misura fosse accompagnata dall’avvio di una politica di riduzione dei paurosi costi energetici e da un secondo modulo di riduzione delle tasse per le famiglie, l’economia italiana finirebbe il 2005 in accelerazione - sul 2,4% - premessa di un potenziale boom nel 2006. E’ teoria, ma poiché è solida e plausibile va segnalata per chiamare i fatti.