Semplifichiamo. L’Iran ha scatenato o per lo meno non frenato Hamas per l’attacco ad Israele il 7 ottobre scorso, messo in mobilitazione Hezbollah per impegnare una parte delle forze israeliane deviandole da Gaza ed attivato i suoi affiliati Houthi in Yemen per lanciare missili contro Israele e, con più efficacia, contro navi in entrata nel Mar Rosso. Gentili lettori, secondo voi bisogna insistere solo su Israele affinché riduca l’intensità dell’offensiva senza limitare l’Iran oppure bisogna attuare una pressione limitativa sull’Iran stesso che garantisca ad Israele l’assenza di attacchi per lo scopo di calmierare il conflitto? L’Onu dovrebbe pressare solo Israele o, soprattutto, condannare e premere l’Iran, e chi eventualmente lo sta usando, affinché la smetta? Al momento Israele appare colpevole di eccesso bellico mentre nessuno sta condannando l’Iran per aver scatenato o favorito lo sterminio di ebrei, attivando azioni conseguenti. Francamente, è una situazione surreale.
Lo è perché è troppo complessa? Vediamo. L’attacco di Hamas ha avuto lo scopo principale di sabotare l’accordo tra Israele ed Arabia saudita da intendersi sia come completamento espansivo degli Accordi di Abramo tra Israele stessa ed Emirati (2019) sia come passo decisivo per il progetto Imec (Via del Cotone: connessione tra India e Mediterraneo via penisola arabica con sbocco ad Haifa) siglato a New Delhi nel settembre 2023 con firmatari tutti i Paesi interessati più America (sponsor), Francia, Germania ed Italia. Sabotare come? Immaginando la reazione feroce di Israele, impedire ad Arabia e Giordania la chiusura di tale accordo, minando anche quello di Abramo che stava raccogliendo adesioni da parte dei Paesi sunniti, esempio rilevante il Marocco. Per inciso, va annotato che il Sudan, intenzionato anni fa ad aderire, ha subito un colpo di Stato anche finalizzato a cambiarne la traiettoria. La ferocia sterminatrice dell’attacco ad Israele il 7 ottobre è servita a scatenare altrettanta ferocia, per motivi di ripristino della deterrenza, da parte di Israele stessa ed aizzare la comunità islamica mondiale, frenando così la convergenza abramitica. Tecnicamente, un bel colpo a favore dell’Iran che sarebbe stato escluso dalla nuova Via del Cotone. Ma anche a favore della Cina che avrebbe avuto un danno dalla convergenza indo-araba-europea-statunitense, già sulle spine per la proposta indiana di inserire tutta l’organizzazione degli Stati africani come membro permanente del G20, in effetti ora G21. E a favore della Turchia, motore dell’Islam politico (con il Qatar) contrapposto nel mondo sunnita al primato saudita: un’Arabia in difficoltà apre più spazio per Ankara e le permette il ruolo di vero difensore della causa palestinese. E a favore della Russia? Mosca, che ci tiene a mantenere buoni rapporti con l’India e con l’Iran, nonché con gli ebrei russi migrati in Israele, e che nonostante le apparenze non gradisce il ruolo di ascaro della Cina, ha esitato per parecchio tempo, poi allineandosi con l’Iran, ma chiedendo ad Hamas di liberare gli ostaggi israeliani, segno di un difficile equilibrismo. Da queste considerazioni emerge un’ipotesi: è stata la Cina a chiedere segretamente all’Iran di dare il via ad Hamas?
Pechino aveva da poco concluso una notevole operazione diplomatica finalizzata alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran ed Arabia e la partecipazione della seconda alla Via del Cotone indo-arabo-euro-americana avrebbe di fatto annullato questa forte e furba penetrazione diplomatica nel mondo islamico. Chi scrive è convinto che ci sia stato lo zampino cinese, ma non ci sono prove. Forse c’è un indizio: l’Iran ha dichiarato che era estraneo alla vicenda, facendo ridere gli analisti vista la dipendenza di Hamas ed Hezbollah da Teheran. Cosa ha costretto l’Iran a farlo? Paura di un attacco israeliano? L’autonomia di una fazione di Hamas sensibile ad altri interessi? Accordo riservato Cina – America di non estendere la guerra all’Iran, considerando che Israele è potenza nucleare pur non dichiarata? Interesse dell’Arabia a non scaldare il fronte con l’Iran perché non è pronta per un conflitto pur essendo il vero bersaglio dell’azione, l’attacco ad Israele uno strumento? In materia, chi scrive annotò tempo fa la richiesta dell’Arabia all’America di avere il nucleare civile, evidentemente militarizzabile, e a Regno Unito, Giappone ed Italia di partecipare al programma del caccia di sesta generazione Gcap (Tokyo contraria). Al momento l’Arabia sta tenendo un profilo basso. L’Egitto non è aggressivo contro Israele. Sembra che il mondo sunnita voglia l’eliminazione di Hamas, come proxy dell’Iran, ma in modi meno spettacolari. Anche l’America sta chiedendo la stessa cosa ad Israele.
Torniamo a semplificare. Secondo chi scrive Israele potrebbe accettare un metodo più selettivo – che implica un costo elevato sul piano delle perdite di soldati ed economiche - solo se ci fosse una pressione contro l’Iran capace di ridurre il rischio prospettico per l’esistenza di Israele stessa. Chi potrebbe farla? La Cina farebbe solo finta. La Russia non avrebbe la forza. L’Ue? Lasciamo stare. L’America potrebbe. Ma l’Amministrazione Biden non vuole farlo con la dovuta intensità. E fino a che l’America non lo farà in pieno, Israele sola e disperata potrà contare solo su sé stessa con enormi difficoltà a calibrare il livello della violenza. In sintesi, il gap di sicurezza nell’area mediorientale dipende in buona parte dall’indecisione dell’attuale conduzione statunitense, in particolare nella non volontà di esercitare la massima pressione limitativa nei confronti del regime iraniano, il vero focolaio dell’infezione.