Il cambiamento di mondo in atto non è favorevole alle nazioni dell’Ue e per tale motivo devono convergere e collaborare di più per interesse comune vitale. L’accordo bilaterale – in forma di patto di azione comune – tra Italia e Germania va visto in questa prospettiva, con la possibilità realistica che dalla diarchia franco-tedesca, sempre meno coerente, sull’Ue si possa passare ad una triarchia Germania-Francia-Italia, formando così un nucleo più forte di una Ue ed Eurozona in crisi, per invertirla.
Perché il cambiamento di mondo non è favorevole alle euronazioni? La Germania ha perso il mercato russo a causa del conflitto in Ucraina e conseguenti sanzioni ed è in difficoltà in quello cinese sia per la concorrenza di aziende locali – che hanno rubato/copiato tutto il rubabile/copiabile tecnologico a quelle tedesche, francamente ingenue - sia per l’implosione economica che sta colpendo il modello cinese, giunto alla fine del suo ciclo espansivo pluridecennale, inserendo anche le conseguenze del bipolarismo conflittuale tra mondo delle democrazie guidato dall’America e quello dei regimi autoritari a guida cinese, in un contesto di crisi inflazionistica. Questa dinamica depressiva ha colpito anche l’Italia, ma meno perché le relazioni commerciali con la Cina sono molto minori di quelle della Germania, pur grave (dai 12 ai 15 miliardi anno di export) l’annullamento via sanzioni dei flussi con Mosca. La piccola e media impresa italiana ha capacità adattive globali superiori. Ma sia Berlino sia Roma hanno bisogno di siglare un trattato commerciale, via Ue, con l’America e ripristinare relazioni economiche fluide con il Regno Unito. Inoltre hanno bisogno che l’Ue (che ha la delega della nazioni in materia) riesca a siglare trattati economici con il Mercosur (Sudamerica) e altre nazioni africane ed asiatiche per espandere la sua area di export reso sicuro da regole tra Stati: Germania ed Italia, potenze esportatrici, non possono più usare nella nuova era della “deglobalizzazione conflitttuale” il “mercantilismo”, cioè una politica commerciale indipendente dalla geopolitica, e quindi devono aumentare la loro presenza nel mondo che è geopoliticamente più sicuro, processo definibile come “riglobalizzazione selettiva”. Ambedue, infatti, non possono modificare il modello economico trainato dall’export con uno tirato dai consumi interni. La Francia ha meno potere industriale diffuso proiettato verso l’export e tende a restare mercantilista, divergendo dall’interesse tedesco ed italiano ad essere pro Nato. Inoltre, Parigi non vuole convergere più strettamente, sul piano economico, con l’America ed il Regno Unito in nome di un’autonomia europea francocentrica che nel futuro prevedibile non sarà possibile a causa della mancanza di una vera forza militare e geoeconomica. Peggio, l’Ue è ormai piccola e minore: 500 milioni di persone, ma in declino demografico ed esteso invecchiamento. Infatti, per inciso, si osserva una decrescente attenzione delle nazioni in relazione negoziale con l’Ue per la sigla di trattati economici perché ne prevedono un declino ed alzano il prezzo. Nelle cronache prevale l’analisi che la Germania sia il malato d’Europa. Ma negli scenari realistici emerge che Berlino ha il potenziale per riprendersi in circa 2 – 3 anni e che l’Italia, pur impoverita (quasi il 50% delle famiglie non ha capacità di risparmio) ha un potenziale industriale forte che potrebbe invertire il declino con una nuova strategia di maggiore ordine interno ed una di proiezione estera più ampia. La Francia ha più debolezze esterne ed interne ed è il vero malato d’Europa. Ma per guarire Germania ed Italia devono convergere ed anche Parigi, pur riluttante ad abbandonare la “grandeur”, dovrà farlo: si sta rendendo conto che non ha più la forza politica, militare ed economica nazionale per agire da sola e in divergenza. In tal senso, la probabilità di una triarchia europea collaborativa e che possa ridare forza e reputazione agli europei sta aumentando.
Va annotata l’intelligenza di Germania ed Italia nel non voler siglare un trattato bilaterale vero e proprio sia per non irritare oltre misura Parigi che ne ha uno con Berlino (dell’Eliseo, 1963, poi rinnovato recentemente da quello di Aquisgrana) e con Roma (Trattato del Quirinale) sia per non creare divergenze con gli altri europei. Ma va anche annotata la capacità italiana di firmare un trattato (per lo più finto, ma nominalmente rispettoso) con la Francia con lo scopo, ora più evidente, di forzare la Germania a siglare una convergenza molto forte con l’Italia per evitare il piano francese (dal 1993) di dominare l’Italia per bilanciare il potere tedesco, condizionandolo. Ma nei nuovi tempi il rafforzamento dell’Ue ha bisogno di buone relazioni tra tutte le sue nazioni maggiori: basta giochini tra deboli, basta litigi. Questo nuovo clima è osservabile nella tendenza a cercare compromessi intraeuropei, abbandonando i diktat del passato, con aumento della probabilità che l’Italia possa ridurre la compressione delle regole “europee”, cioè tedesche.
Ma l’Italia potrà fidarsi di Germania e Francia? Ambedue hanno bilanci pubblici scassati e difficilmente perderanno la voglia di supremazia. La Francia è in deficit oltre misura di bilancio da anni, peggio dell’Italia. La Germania ha salvato le sue banche locali anni fa – con un buco sui 400 miliardi - imponendo una vigilanza solo nazionale, attenuata, e non della Bce (problema in via di rimedio) e aggira il divieto di aiuti di Stato attraverso istituzioni apposite. Ma c’è una nuova situazione nel globo che impone a tutte le nazioni del G7 (e compatibili) un nuovo modello di relazioni, definibile come “sovranità convergenti e reciprocamente contributive”. Prosit.