Qual è la condizione di vittoria sia per Israele sia per l’Arabia, con i regimi arabo/sunniti disposti ad una convergenza con Israele stessa, dopo l’attacco militare condotto dall’Iran, attraverso il suo strumento Hamas, contro la prima per impedire alla seconda di chiudere l’accordo bilaterale con Israele che era nelle fasi conclusive?
Al momento l’attacco ha avuto iniziale successo. Ma la vittoria dipende da una seconda fase del conflitto con due obiettivi di convergenza israeliano-araba sunnita: 1) ripristinare la possibilità dell’accordo bilaterale tra Arabia ed Israele che renderebbe fattibile il progetto “Via del cotone” (formalizzato a lato del G20 in India a settembre) finalizzato a connettere commercialmente con un’efficienza del 40% circa più di altre vie l’India ed il Mediterraneo (via ferrovia tra Emirati, Arabia, Giordania con sbocco nel porto israeliano di Haifa); 2) ridurre la capacità dell’Iran di accendere e sostenere conflitti in Medio oriente attraverso i suoi proxy, distruggendo la capacità militare di Hamas, dissuadendo quella di Hezbollah e togliendo al regime siriano filoiraniano il potenziale di base logistica per i primi due. Raggiungere questi due obiettivi è la condizione di vittoria per Israele combinata con quella dell’Arabia.
Ma è anche interesse primario degli Stati Uniti, Emirati, Giordania, Francia, Germania, Italia, oltre che di Israele ed Arabia, che hanno siglato l’accordo “Via del cotone”. In più, l’Italia ha l’interesse ad abbattere il “Muro del Mediterraneo” per instaurare relazioni economiche e collaborative con le nazioni della Costa sud che aumentino il suo export e la sua rilevanza geopolitica con anche lo scopo di ridurre la pressione migratoria da quel lato. Roma ha anche lo scopo di rendere più tranquillo il Mediterraneo vicino per avere presenza in quello profondo poi estendibile, via Golfo senza sottovalutare il percorso via Suez, verso l’Indo-Pacifico e l’Africa australe. L’America ha interesse ad includere India ed Arabia nella sua alleanza in competizione con la Cina per l’influenza sul Sud Globale. Germania e Francia non sono ostili a questi interessi estesi, ma hanno la priorità di evitare la sollevazione dell’elemento islamico nei loro sistemi interni, che va oltre il 10% della popolazione in Francia, con il problema aggiuntivo di una concentrazione urbana nelle banlieu, e poco meno in Germania.
Israele farà un’invasione totale e repressiva di Gaza? No, è costretta ad essere selettiva proprio per perseguire la condizione di vittoria detta al punto 1 precedente che implica la sostenibilità della relazione con le nazioni arabo-sunnite moderate esposte a ondate di dissenso popolare. Cioè separare gli attacchi alle organizzazioni militari di Hamas e Jihad islamica dalla creazione di pericoli per la popolazione palestinese residente. Tecnicamente, tale requisito è un incubo per le forze armate di Israele perché Hamas usa la popolazione civile come scudo. Comunque ci sono segnali che sia stato deciso un piano che tenga conto del requisito stesso ed è stato condiviso con gli Stati Uniti. Alcuni analisti si chiedono se ci sia una divergenza tra Israele ed America su questo punto. Difficile dirlo, ma la sensazione è che Washington stia cercando di aiutare con ogni mezzo Israele ad essere selettiva più che bloccarne la capacità di proiettare la massima violenza contro il nemico, azione necessaria per ripristinare la dissuasione in generale e verso Hezbollah ed altri. Israele tenterà di essere selettiva, accettando una maggiore probabilità di morti e costi nell’azione. Chi scrive si permette di inserire un’ipotesi: provocare la ribellione dei palestinesi di Gaza e in generale contro Hamas che li usa come carne da macello per coprire la propria struttura operativa, per esempio nei sotterranei di ospedali. Attualizzare tale ipotesi sarebbe non facile per la capacità repressiva ancora forte di Hamas nel territorio. Inoltre, Hamas potrebbe aumentare i casi di uccisione di palestinesi imputandoli all’azione di Israele potendo contare su un movimento internazionale prevenuto contro Israele stessa e quindi sordo e cieco in relazione ai fatti reali, come visibile in Italia. Ma strategicamente è un punto chiave: dividerebbe la mobilitazione pro-Palestina nel mondo, non tanto depotenziandola, ma indirizzandola contro gli ascari dell’Iran.
Il mondo arabo-sunnita sul piano dei governi è, ovviamente, è in una posizione dichiarativa limitativa dell’azione israeliana per non essere imputato di tradimento, obiettivo dell’Iran. Ma l’azione informale mostra segni di auto-contenimento e la richiesta, in sostanza, di selettività nell’azione israeliana a Gaza e nella Cisgiordania sotto il linguaggio di tutela dei palestinesi. L’idea di garanzia forte per gli stessi è già presente nella bozza di accordo bilaterale tra Israele ed Arabia. Potrà svilupparsi verso la formazione di uno Stato palestinese, come richiesto dagli europei, compresa l’Italia? Ciò sarà oggetto di una terza fase per la stabilizzazione dell’area, ma l’impiego di tale immagine in prospettiva è corretta perché dà un motivo ai palestinesi di vedere un premio futuro che li incentivi a comportamenti meno emotivi nel presente.
Lo scenario potrebbe peggiorare, ma Hezbollah appare prudente. L’Iran sta ricevendo segnali dissuasivi ed ha paura. La Cina ha interesse che ci sia conflitto, ma per prendere il ruolo di paciere. Mosca è prudente. In conclusione, la probabilità di contenere il conflitto eliminando selettivamente Hamas senza creare un massacro dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania ha una probabilità crescente, pur non potendo ancora escludere il caso peggiore.