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Carlo Pelanda: 2023-9-24La Verità

2023-9-24

24/9/2023

Serve una strategia nazionale utilitarista per gestire la pressione migratoria

I dati correnti di realtà mostrano che le nazioni europee formalmente alleate dell’Italia nell’Ue non aiuteranno sostanzialmente l’Italia stessa nel prossimo futuro e, con elevata probabilità non lo faranno dopo le elezioni europee di metà 2024, a ridurre l’impatto della migrazione clandestina. Pertanto, sul piano del realismo, Roma è costretta a formulare una strategia nazionale di contenimento e governabilità del fenomeno migratorio articolata in tre livelli combinabili: a) unilaterale; b) con nuove alleanze extra Ue e c) compensativo entro l’Ue. Con freddezza ed utilitarismo.

La parte unilaterale della nuova strategia va divisa in tre azioni: 1) misure nazionali per trasformare il capitale umano immigrato assimilabile in capitale produttivo; 2) limitazione dei flussi in partenza via interventi bilaterali nei luoghi di origine dell’immigrazione clandestina; 3) barriere “morbide” in mare e rimpatrio anticipato dei clandestini (non selezionati) prima dell’approdo sul territorio nazionale. La prima misura riguarda la necessità dell’Italia di evitare il declino demografico impoverente, importando in maniera selettiva capitale umano ad alta probabilità di assimilazione, cioè evitando la formazione di sottoculture divergenti sul territorio nazionale. I candidati a tale investimento assimilativo sono certamente i minorenni non accompagnati, tanti, da inserire subito in un percorso educativo e di cittadinanza effettiva dopo un esame nonché giovani o famiglie che accettano un periodo di rieducazione. La priorità è colmare il gap di lavoratori denunciato dalle imprese in misura superiore al mezzo milione. Sarà necessario un accordo pubblico-privato: le risorse pubbliche finanzieranno la pre-formazione e quelle private la specializzazione formativa sul lavoro. Dopo un periodo di prova l’immigrato così assimilato, se conforme, potrà accedere ad una formazione continua (da costruire meglio per tutti gli italiani) e alla cittadinanza temporanea poi confermabile dopo ulteriori esami. Con questo concetto si vuole qui interpretare la frase, molto realistica, del premier Giorgia Meloni: “gli immigrati ce li scegliamo noi”. Quelli che non scegliamo vanno fatti rientrare nei luoghi di origine via accordi bilaterali con gli Stati di provenienza, considerando la situazione bellica o di crisi totale dei singoli luoghi. Non solo. Informazioni dettagliate – disponibili all’intelligence italiana – mostrano la vastità della rete di traffico umano, in particolare dall’Africa. Per esempio, donne nei villaggi pagate dai trafficanti convincono con illusioni le persone che via migrazione possono raggiungere un paradiso. I trafficanti vanno eliminati da truppe speciali, in accordo con i governi locali, ed i villaggi visitati da persone che dicano la verità e dissuadano, in combinazione con aiuti ai luoghi possibilmente erogati via Onu e Banca mondiale. In alcuni casi italiani dove c’è un’evidente utilità dell’investimento. Non basta. Roma dovrebbe facilitare un numero adeguato di navi “umanitarie” italiane sulle rotte marine più frequentate per bloccare i migranti in mare, salvando le loro vite come obbligo di diritto internazionale, ma poi riportando quelli non selezionati – e trasferendo i selezionati verso i centri di formazione italiani -  nei luoghi di partenza costieri concordando con i governi una loro locazione provvisoria controllata per requisiti di sicurezza e decenza per poi essere trasferiti ai luoghi d’origine o campi gestiti dall’Onu. L’ipotesi: tale approccio sia ridurrebbe di molto l’immigrazione clandestina sia darebbe all’Italia un plus demografico utile per la crescita economica prospettica.

Nuove alleanze. Vanno create con le nazioni di origine della migrazione per formare un gruppo di pressione forte presso l’Onu affinché permetta loro di ricevere l’immigrazione di ritorno. Per tale scopo è necessaria la convergenza di Stati alleati dell’Italia in quella sede e nella Banca mondiale: Stati Uniti e Regno Unito – che hanno problemi di immigrazione – e Giappone (con cui Roma ha una convergenza militare e politica crescente). Ci potrebbe essere poi una convergenza con Grecia, Spagna e le nazioni balcaniche-adriatiche: se l’Italia attuasse questa politica, le migrazioni prenderebbero vie laterali attraverso tali Paesi e, in caso, sarebbe ovvio includerle nell’azione di sicurezza. La Francia? Da valutare.

L’Ue. In cambio di una politica dove l’Italia provvede da sola e con alleati prevalentemente extraeuropei a contenere il fenomeno migratorio e demoltiplicare il problema dei trasferimenti dei migranti nelle nazioni europee, l’Ue dovrebbe fornire risorse monetarie o assimilabili all’Italia e alleati europei meridionali e balcanici ingaggiati. Ma questo punto è tutto da valutare perché la selezione di una immigrazione assimilabile e produttiva è un fattore competitivo prospettico, considerando che le nazioni dell’Ue sono tutte a rischio di declino demografico: se l’Italia tenta la strategia qui detta probabilmente vorranno attuare una controstrategia competitiva. Ciò che è da valutare è l’importazione concorrenziale del capitale umano migliore. Prossime ricerche.

Prima di queste, però, andrebbe analizzata la capacità di enti pubblici e privati italiani di formare il capitale umano immigrato utile. Servirà un grande sforzo organizzativo e la creazione di moduli educativi specializzati: è importante far notare che buona parte di questa innovazione corrisponde a quella necessaria per i cittadini italiani già residenti. Ciò implica una modernizzazione accelerata del sistema educativo, rendendolo continuo e ad alta tecnologia: operazione “potere cognitivo di massa”. Utilitarismo selettivo vs solidarismo generico? Il primo ha una potenza morale concreta superiore al secondo.   

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