Qualche giorno fa sono stati pubblicati dall’Istat i dati relativi agli andamenti economici dell’Italia nel terzo trimestre del 2004. Il nostro Paese ha spuntato una crescita, in relazione al trimestre precedente, dello 0,4%, cosa che porta a proiettare un aumento del Pil annuale attorno allo 1,4% alla fine del 2004. La nostra crescita tra giugno e settembre è stata superiore a quella di Francia e Germania (ambedue attorno allo 0,1%), ma gli andamenti deludenti di queste due economie, che sommate a quella italiana valgono i 2/3 del Pil dell’intera eurozona, non promettono niente di buono anche per noi nel quarto trimestre e per l’inizio del 2005. Se questi continueranno ad andare male importeranno meno dai nostri produttori nel ciclo interno europeo. Ed il dato preoccupante è che la stagnazione in Francia e Germania è arrivata in un momento in cui lo svantaggio di cambio a carico dell’export denominato in euro era ancora entro limiti gestibili. Segno che è proprio il modello politico troppo statalista e rigido a non far funzionare l’economia. Situazione ora peggiorata dal fatto che l’euro, da ottobre, è schizzato da 1,20 circa a quasi 1,30 sul dollaro e si teme che le esportazioni europee verranno massacrate. Queste, nei tre paesi citati, sono le uniche fonti di crescita perché, appunto, i consumi e gli investimenti interni risultano piatti. In sintesi, lo scenarista che vede tutti i dati insieme in una matrice che li collega deve semplificare per il lettore un’immagine un po’ più pessimistica di quella che appariva più probabile qualche settimana fa: prezzo del petrolio che resterà elevato anche se non è in vista una sua impennata catastrofica; dollaro che resterà molto basso, con il rischio di una caduta pesantissima, e che quindi penalizzerà sempre di più l’export; nessun segno di vitalità economica in Francia e Germania. Quindi, pur ancora di certo vigore, anche se tende a ridursi, la crescita dell’economia globale – Cina ed Usa in particolare - alla fine del 2004, si conferma nel presente la probabilità che l’eurozona non riuscirà a godere del buon momento economico esterno a causa dei freni economici interni. Dobbiamo anticipare un 2005 stagnante o recessivo per l’Italia?
Forse no. Le imprese italiane in alcuni settori mostrano una sorprendente competitività globale. E queste bilanciano quelle nei settori più colpiti dalla stagnazione o dall’incapacità imprenditoriale. Il bilancio complessivo mostra che il nostro sistema industriale è più reattivo e forte di quanto sembri. Per tale motivo l’avvio di una pur insufficiente e lenta riduzione dei carichi fiscali sulle imprese e, nel 2006, sulle famiglie potrebbe avere un effetto stimolativo superiore a quanto ora previsto sul piano degli investimenti e delle attività espansive delle aziende. In particolare, il fatto che l’Italia sia il primo e unico paese dell’eurozona ad avviare una riforma competitiva seguendo la giusta via della riduzione delle tasse potrebbe portare a risultati visibili già nel 2005 in forma di maggiore capacità di crescita interna. Quanta? Non è ancora prevedibile perché non si conosce la valutazione delle imprese dello stimolo fiscale in relazione alle proprie strategie. Ma un effetto ottimismo dovrebbe esserci. E se scattasse, allora il sistema italiano comincerà a separare, in meglio, i suoi andamenti dalle economie continentali ammalate perché irriformate. Quindi dobbiamo aspettare i dati di tale possibile effetto dello stimolo fiscale prima di ipotizzare uno scenario. Ma il tutto sarebbe più semplice e migliore per tutti gli europei se la Banca centrale europea riducesse il costo del denaro e grazie a questo – oltre ad altre misure – limitasse la sopravalutazione dell’euro sul dollaro. Ma non lo farà e qui c’è l’europroblema più grosso.