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Carlo Pelanda: 2023-7-23La Verità

2023-7-23

23/7/2023

L’integrazione del Mediterraneo è un primo passo per l’Italia globale

Complimenti alla Premier ed alla struttura di politica estera italiana per aver organizzato con successo oggi a Roma un primo, ma carico di prospettive, summit tra nazioni della costa Nord e Sud del Mediterraneo, esteso a quelle del Golfo, con la presenza della Presidente della Commissione europea. L’evento, preparato da mesi con cura e riservatezza, va visto come un primo passo verso la costruzione di una Pax Mediterranea basato sulla convergenza tra interessi nazionali ed una loro relazione equilibrata e non la pretesa egemonica di una nazione come nelle strategie coloniali europee del passato e quella residua francese, ora fallita. In tal senso si potrebbe usare il termine Ekumene riferito al periodo ellenistico dove il Mediterraneo era un luogo di scambi aperti tra diversi prima del dominio totale della Pax Romana. Ora questa Pax (originariamente pace grazie al monopolio della violenza) non appare imperiale, ma condivisa, significato che la Premier ha voluto rendere con l’idea di un “Piano Mattei”: reciproca utilità tra pari.  A chi scrive viene da dire “finalmente” perché fin dai primi Anni 90 ha iniziato a raccomandare l’abbattimento del più che millenario Muro del Mediterraneo, la separazione tra mondo cristiano e islamico, evento rinviato per l’emergere dell’insorgenza islamista e per l’estensione internazionale del conflitto israelo – palestinese. Tale abbattimento sarebbe potuto iniziare quando Israele ed Emirati siglarono gli “Accordi di Abramo”, a cui hanno aderito altre nazioni islamiche, con la benedizione dell’Amministrazione Trump e, più riservata, dell’Arabia. Nel 2019 lo scrivente applaudì commosso, in un seminario ad Abu Dhabi, quando fu confermato il progetto di un’area con tre luoghi religiosi vicini: moschea, sinagoga e chiesa cristiana. Ora vorrebbe applaudire al consolidamento di un Mediterraneo ad integrazione crescente ed aperto a relazioni con il Golfo ed il Mar Rosso, poi via di comunicazione commerciale e geopolitica sia verso il Pacifico, in particolare Giappone, India, Australia e Nuova Zelanda, sia verso l’Africa australe con particolare attenzione preliminare all’Etiopia e al Mozambico. Cosa manca per un secondo, terzo e successivi passi in questa direzione?

Sullo sfondo c’è il conflitto tra America e Cina che, pur avendo scelto di evitare un confronto bellico diretto, sono in competizione – molto più dura ed estesa di quanto riportato dalle cronache - per estendere il loro dominio sull’area grigia tra i due blocchi: 5 miliardi di persone mentre nell’area dei due blocchi stessi ce ne sono circa 3. Washington è ancora potenza mondiale superiore, ma la scala dell’impegno eccede la sua forza. Quindi ha bisogno di una nuova postura espansiva degli alleati. La Francia, pur non totalmente, è divergente. La Germania è convergente perché deve sostituire il mercato russo e la posizione cedente in quello cinese verso l’Africa, il Sudamerica e l’area islamica. Il Regno Unito è anche convergente, ma ha perso potenza. L’Italia ha come gli altri alleati europei, ma più degli altri, la necessità di aumentare le relazioni economiche estere per compensare la bassa crescita interna – per riuscirci non basterà il Pnrr, che aumenterà tra l’altro il debito, ma serve un’espansione globale moltiplicata dell’export - ed una tendenza verso il lento declino, con la priorità di fermare o comunque selezionare le ondate migratorie da Africa e Medio Oriente verso l’Europa. La Germania, dopo decenni di mercantilismo, fa fatica a concepire un aumento dell’export combinato con la creazione di un’architettura geopolitica innovativa e resta ancorata all’impiego dei trattati commerciali dell’Ue, di cui ha il dominio, per veicolare il suo business nazionale oppure relazioni bilaterali mercantili con le nazioni importatrici, ma senza creare architetture geopolitiche. L’Italia, invece, ha bisogno di crearne di nuove portando l’Ue e la Nato più a Sud e spingersi nazionalmente verso il Pacifico. Per riuscirci deve stabilizzare il mercato mediterraneo, aprire una corsia verso il Pacifico stesso, con le due vie verso India e Africa australe, nonché trovare ganci di traino nell’America del Sud (dove è andato recentemente in avanscoperta il Presidente della Repubblica). La base di lancio per questa proiezione globale italiana è la formazione di un mercato ad integrazione crescente nel Mediterraneo e sua estensione. Per inciso, lo scrivente sta stendendo il libro “Italia globale” (Rubbettino, novembre 2023) che analizza questa possibile strategia. Il punto: per Roma tale mossa è una necessità geoeconomica che però eccede la sua forza. Quindi deve moltiplicarla rendendola vantaggiosa per l’Ue, la Nato, la Germania e gli Stati Uniti. La priorità è quella di ottenere da Washington un forte ombrello di copertura strategica. Pur opposta politicamente, l’Amministrazione Biden sta segnalando la necessità che gli alleati demoltiplichino lo sforzo americano di presidio mondiale anticinese attraverso un loro nuovo attivismo, motivo, per esempio, della non interferenza nel programma del caccia di sesta generazione (con capacità di presidio aereo globale) anglo-italo-nipponico. Quindi il Primo ministro italiano ha chance per ottenere dalla Casa Bianca, nell’incontro di fine luglio, un sostegno per la strutturazione equilibrata del Mediterraneo come base proiettiva. La rifinitura dovrebbe avvenire nel bilaterale Italia - Israele nel prossimo autunno. Passi paralleli saranno un approfondimento per convergenze tra la strategia globale italiana e tedesca e posizione francese ora ammaccata, ma prevedibilmente ostile all’Italia quando si riprenderà. Piace vedere un’Italia audace, saggia e pragmatica.

(c) 2023 Carlo Pelanda
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