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Carlo Pelanda: 2023-5-11Milano Finanza e Italia Oggi

2023-5-11

11/5/2023

La relazione tra verticalità di governo e dedebitazione

Il tema di maggiori poteri all’esecutivo, pur ovviamente sempre bilanciati dal legislativo, è di particolare priorità per l’Italia in relazione alla necessità di ridurre il debito oltre che per altri motivi di sviluppo. L’attuale assetto costituzionale nella sezione “governo”, infatti, comprime il potere esecutivo non solo bilanciandolo via parlamento, ma anche al suo interno, caso forse unico nelle democrazie comparabili. Tale anomalia è dovuta alle note condizioni politiche dell’Italia nella seconda metà degli anni 40 ed alla formazione di un comando sostanziale della nazione da parte del Comitato di liberazione nazionale (1944) che ebbe forma di patto consociativo tra tutti i partiti antifascisti. Tale formula di governo “orizzontale” portò ad una spesa pubblica tendenzialmente dissipativa: ogni partito e/o sua corrente pretendeva accessi al denaro statale indipendentemente dall’efficacia/utilità funzionale degli impieghi, ottenendola per motivi di stabilità sistemica. Tale disallineamento tra formula di governance e ordine contabile divenne sempre più evidente negli anni 80 quando si ridusse la spinta alla crescita del dopoguerra e le garanzie, dagli anni 70, iniziarono ad essere finanziate in deficit, nonché cominciarono ad essere pressanti i requisiti ordinativi europei nei negoziati per il Trattato di Maastricht, nel 1989-91. In quel periodo chi scrive collaborava con Beniamino Andreatta e Francesco Cossiga in materia di scenari globali: la sua posizione fu che l’Italia doveva darsi più verticalità di governance per mettere in ordine la propria finanza pubblica e grazie a questo poter partecipare come nazione forte e non debole al cambio di mondo in atto. Andreatta era scettico sulla riforma del sistema politico dissipativo e contava (pessimisticamente) sul vincolo esterno europeo-germanico, confidando sulla buona relazione tra le due Democrazie cristiane, in particolare quella personale con Helmut Kohl. Ma ascoltò lo scrivente, anche perché sostenuto da Cossiga, ed avviò una ricerca, nel think tank Arel, su quale verticalità dell’esecutivo avrebbe migliorato l’ordine finanziario della nazione. Ma le vicende del tempo (1992) la interruppero.

Rivisitando i vecchi appunti, chi scrive trova una certa equivalenza tra elezione diretta del Presidente della Repubblica e di un Primo ministro: ciò che è importante per la dedebitazione via riduzione della spesa pubblica dissipativa è dare all’uno o all’altro un potere forte di controllo sul merito. Ovviamente bilanciabile dal parlamento. Ma con un limite: ordine esecutivo in caso di presidenzialismo, potere di sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni in caso di premierato. Tale “Leviatano democratico” sarebbe ottimale? No, ma aumenterebbe la probabilità di ridurre gli sprechi per circa 60 – 80 miliardi all’anno in base a calcoli correnti e di concentrare la spesa pubblica su impieghi che la rendano più produttiva. Dettagli sul tema in CP “Strategia 2028” (Angeli, 2017)

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