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Carlo Pelanda: 2023-3-30Milano Finanza e Italia Oggi

2023-3-30

30/3/2023

Sempre più evidente la priorità dell’ecoadattamento

Eco-aggiornamento. Dati recenti e annotazioni informali degli stessi scienziati che credono alla soluzione decarbonizzante per limitare i gas serra che producono il riscaldamento globale fanno ipotizzare che sarà difficile contenere l’aumento delle temperature nel pianeta entro la soglia di 1,5 gradi verso fine secolo. L’analisi della situazione internazionale corrobora tale ipotesi. Solo l’Ue ha un programma di decarbonizzazione rapida via divieti. Gli Stati Uniti la perseguono via incentivi e non via divieti sistemici, fatto che fa prevedere un’inerzia prolungata delle fonti fossili. Lo stesso può dirsi della Cina, pur importante il suo programma di centrali nucleari. Le nazioni emergenti saranno ancora più lente nel ridurre le emissioni di gas serra. Da un lato, ci sarà un’evoluzione globale verso l’energia pulita. Dall’altro, questa sarà più lenta del cambiamento climatico. Inoltre, una quantità di ricercatori non è convinta che i gas serra siano l’unica causa del riscaldamento. Altri sostengono che l’aumento di 1,5 gradi comunque produrrebbe cambiamenti ambientali significativi. Al momento, pur scenario mobile, appare razionale segnalare l’urgenza di investire sulle tecnologie e grandi lavori di ecoadattamento, studiandoli per predisporli in tempo utile. Un dato di realtà registrato recentemente è l’accelerazione del cambiamento climatico che impatta su territori adattati a condizioni diverse e per questo ora vulnerabili: fenomeni atmosferici estremi sempre più ricorrenti, siccità in zone precedentemente idratate, aumento del livello del mare, ecc.

Cosa significa ecoadattamento? Si pensi ad una sorta di ri-terrafomazione via mega-infrastrutture. Per esempio, l’aumento del livello del mare, per scioglimento dei ghiacci, potrebbe tra decenni rendere inabitabili le zone costiere e i delta fluviali dove vive circa il 70% della popolazione mondiale. Due opzioni: abbandono o nuovo ambiente costruito con barriere e rialzi. La prima comporta migrazioni catastrofiche e disastri economici per la perdita di valore di terreni e attività: insostenibili. La seconda implica la costruzione di ambienti artificiali che permettono la viabilità dei sistemi umani nonostante il cambiamento dell’ambiente naturale: appunto, ecoadattamento. I costi sarebbero enormi – forse motivo per cui i governi tendono a comunicare la meno impegnativa decarbonizzazione anche se di esito incerto – ma potrebbero essere demoltiplicati da programmi di lungo termine combinati in modo sistemico con altri. Così come le aree a rischio di desertificazione potrebbero mitigarlo avviando progetti graduali di sostituzione dell’acqua dolce mancante con dissalatori. Lo stesso dicasi per la climatizzazione artificiale delle abitazioni e parti delle città.  Il punto: il cambiamento climatico è rapido, ma lascia tempi sufficientemente lunghi per adattamenti di ecologia artificiale finanziariamente sostenibili. Se si inizia presto a studiarli e programmarli.

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