Geopolitica economica.
La missione del premier italiano negli Emirati ed in India conferma un nuovo attivismo «Global Italy» ed un vettore di movimento verso l’Indo-Pacifico. Nei due casi specifici le relazioni
stanno passando dalla riparazione di divergenze precedenti ad esplorazioni di convergenze future sul piano sia politico sia economico-industriale.
Va annotato che il successivo incontro tra premier italiano e israeliano a Roma potrebbe aprire una valutazione su un partenariato con l’Accordo di Abramo (tra Israele, Emirati e altri Stati arabi) che potrebbe inserire l’Italia come forza consolidatrice della connessione tra Ue, Mediterraneo e Golfo, poi base per proiezioni verso l’Indo - Pacifico e l’Africa.
Un consiglio non sollecitato alla diplomazia italiana è quello di caricare tale «vettore» di legami più stretti con l’Australia e la Nuova Zelanda. Chi scrive ricorda il rammarico di qualche anno fa dell’ambasciatore australiano in Italia che le relazioni bilaterali con Roma fossero inferiori al potenziale delle reciproche opportunità di business.
La Nuova Zelanda è di estremo interesse per l’Italia per molti aspetti, tra cui la collaborazione per le tecnologie di prevenzione contro rischi sismici e idrogeologici vista la similarità territoriale
nonché per quelle verdi dove l’Italia è campione dell’economia circolare.
Il tutto in convergenza con i «vettori proiettivi» del Giappone, degli Stati Uniti, senza dimenticare le consultazioni con Londra. In sintesi, Roma ha il potenziale per ottenere una proiezione profittevole
sia viciniore sia globale ben accettabile dagli interlocutori.
Ma proprio questo nuovo orientamento porta a riflettere sul grado di autonomismo dell’azione italiana. Un certo grado è necessario per spingere l’export nazionale che sempre di più deve basarsi su accordi
«G to G» e dove la concorrenza di altri governi, in particolare Francia e Germania, è crescente. Ma un’analisi preliminare fa ipotizzare che il maggior vantaggio per l’economia nazionale non sarà ottenuto
solo espandendo accordi bilaterali settoriali, ma utilizzando il maggior profilo globale dell’Italia per spingere un mercato integrato delle democrazie e nazioni compatibili.
Da un lato, serve più pressione per una Ue estroversa che sigli trattati commerciali, avendo la delega dalle nazioni per impostarli. Ce ne sono decine in lavoro, ma con due problemi: quello tra Ue ed Usa è
lontano e, in generale, le procedure europee sono macchinose e lente. Pertanto il miglior moltiplicatore dell’aumento di profilo globale dell’Italia appare quello di promuovere (con teoria di multilateralismo selettivo) un G7 che si dia una missione di rafforzamento economico dell’alleanza politica, estendendola ad altre democrazie e nazioni compatibili (Free Community).
Roma presiederà il G7 nel 2024 e nel 2023 lo sta facendo il Giappone: sarebbe importante esplorare una convergenza dei due su questo tema per accelerarne la messa in agenda.