La scelta del nuovo presidente della Commissione europea, il portoghese (centrista) Barroso, è stata – qualche settimana fa – piuttosto contrastata. Ma il conflitto tra le nazioni sul nome ha nascosto un fenomeno più rilevante e che ci permette di individuare una tendenza europea: comunque tutti i governi delle principali euronazioni erano d’accordo nel volere una Commissione “debole”. Perché? La Commissione, in base ai trattati, è la custode delle regole europee. Inoltre ha poteri di veto su politiche nazionali che riguardano l’antitrust – cioè la tutela della concorrenza contro le posizioni di monopolio – e la limitazione degli aiuti statali alle imprese, appunto per motivi di equa competizione intraeuropea. Tali facoltà, se interpretate in modo forte e rigoroso, creerebbero grandi imbarazzi ai governi sia impegnati in salvataggi di aziende a partecipazione statale sia pressati dal dilemma di tagliare i costi crescenti dello Stato sociale, non bilanciati da una crescita economica sufficiente (come successo dal 2001 in poi) e restare travolti dal dissenso oppure sfondare le barriere di deficit definite dal Patto di stabilità. La seconda opzione è la più comoda così come lo è la possibilità di salvare aziende, tipo la francese Alstom o l’italiana Alitalia, con denari pubblici e quindi è e sarà interesse di tutti avere una Commissione che non impedisca tali azioni. Per esempio, molti governi si sarebbero opposti – e l’avevano già comunicato a porte chiuse - ad una riconferma di Mario Monti all’antitrust europeo. Il suo rigore nell’applicare le regole antimonopolio ha creato danni mostruosi ad aziende americane – che, per la loro globalità, hanno bisogno anche del permesso europeo per attuare megafusioni tra loro – ed europee. Con la complicazione che la definizione giuridica di “posizione dominante” nel sistema europeo è troppo restrittiva nonché aperta ad un alto grado di discrezionalità, in sostanza malfatta. Per questo tale quadro regolamentare risente moltissimo della personalità del “giudice”. Il “duro” Mario Monti è stato sostituito e ciò ha risolto il problema dal punto di vista dei governi bisognosi di più elasticità. Ma se fosse stato riconfermato certamente sarebbe stato messo in un posto di minor rilievo. Ciò serve a dire che la tendenza è quella di avere una Commissione accomodante e dei commissari molto “politici”, cioè capaci di bilanciare le regole europee con gli interessi nazionali che da essi, sempre più, divergono.
Come va valutata, bene o male? In realtà è una svolta ovvia che serve, semplicemente, ad adattare le istituzioni europee alla realtà. Questa era stata forzata eccessivamente – e francamente con un dilettantismo eurolirico che molti studiosi portano ad esempio di plateale errore di mancato bilanciamento tra esigenze nazionali e sopranazionali da non ripetere nel futuro - costruendo regole che bloccavano troppo gli Stati togliendo loro flessibilità per gestire le situazioni interne. Quando i governi si sono accorti nei fatti di questo hanno scoperto che non potevano cambiare il testo delle regole perché ciò avrebbe minato la struttura degli accordi europei. Quindi hanno scelto di salvare la forma violando la sostanza. E l’avere una Commissione più debole, pur non delegittimata, che non si opponga agli accordi intergovernativi è la conseguenza di tale decisione presa da Francia e Germania a partire dalla fine del 2001. Ma tale aggiustamento dell’errore iniziale, pur scontato, potrebbe indebolire l’euro e quindi creare un conflitto tra Bce e governi dove la prima regolerà i secondi tenendo il costo del denaro più alto del dovuto (come succede). In sintesi, sia gli errori sia gli aggiustamenti dell’architettura europea vengono pagati dalla gente.