Lo scenario economico 2023 per l’Italia in preparazione dal gruppo di ricerca di chi scrive è più ottimistico di quelli istituzionali in circolazione. Ciò era già successo per gli scenari 2021 e 2022 quando il gruppo aveva stimato un più forte rimbalzo post Covid ed aumentato il peso del contributo al Pil, in relazione agli standard, dei settori export e turismo. Nelle proiezioni del 2023 c’è la consapevolezza di un cambiamento di ambiente macroeconomico da espansivo a restrittivo, di un atteggiamento compressivo esasperato da parte della Bce, del rischio di inasprimenti della guerra in Ucraina, di crisi quantità/prezzo nel settore energetico e di altri fattori recessivi e/o destabilizzanti a livello globale con possibile impatto maggiore sull’Italia per sua vulnerabilità finanziaria elevata. Ma anche ci sono dati che attenuano la negatività. La disponibilità di energia sostitutiva delle importazioni dalla Russia – pur con un rischio di scarsità per i prodotti raffinati dal 5 febbraio – appare sufficiente e corroborata da miglioramenti nel 2024-25 grazie ai contratti bilaterali di fornitura via tubo e nave con parecchie nazioni. Ovviamente qui c’è un rischio, ma la reattività delle istituzioni tende a mitigarlo. Il secondo e terzo trimestre saranno trainati dal turismo e tutto l’anno da un export che resterà dinamico grazie ad una contrazione della domanda globale che non penalizza troppo le produzioni italiane. La mappa del sistema produttivo italiano mostra un circa 25% di unità molto forti, un circa 40% di aziende piccole e sottocapitalizzate e un circa 35% di microimprese molto vulnerabili. Alcuni analisti si sono chiesti se la prima fascia compenserà lo stress delle altre. E’ improbabile, in termini sistemici. Quindi l’analisi va approfondita sulla seconda: l’esito preliminare è che c’è una notevole capacità di adattamento, se con sostegni istituzionali di medio sollievo fiscale, che mitiga scenari avversi strutturali. Anche la terza fascia mostra una forza antropologica a fronte di una situazione avversa sul piano della restrizione del credito e della competitività nella rivoluzione tecnologica: la combinazione fa prevedere stress e aggiustamenti, ma non oltre la soglia di destabilizzazione strutturale. Un punto chiave per lo “spazio fiscale” italiano è la contraddizione fra eventuale riduzione troppo rapida del bilancio Bce e impegno della stessa di minimizzare la frammentazione degli spread (programma Tpi). Se la Bce armonizzerà i due opposti, constatando la tendenza al ribasso dell’inflazione da offerta per proprie dinamiche (già in atto) e non monetarie, allora il Pil italiano 2023 potrebbe andare verso l’1,5%, forse oltre, in situazione di inflazione discendente. Aggiornamento a febbraio, con fuoco su rinsavimento o meno della Bce e di Mosca.