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Carlo Pelanda: 2023-1-22La Verità

2023-1-22

22/1/2023

Ora la priorità è ridurre il costo del gas algerino

La necessità per l’Italia di avere relazioni convergenti e di influenza con le nazioni del Mediterraneo è talmente evidente, e aumentata dopo il trasferimento della dipendenza energetica dalla Russia alla costa Sud del Mediterraneo stesso, da rendere ovvio un certo grado di unilateralità nell’azione di politica estera nazionale. La visita del Primo ministro italiano in Algeria, precorsa da molteplici eventi bilaterali nel 2022, va vista in questa ottica. Per inciso, parte della stampa italiana ha letto nel riferimento del governo a Enrico Mattei – che negli anni ’50 condusse una politica di indipendenza energetica dell’Italia anche creando una forte frizione nel Mediterraneo con i produttori statunitensi di carburanti fossili e con la Francia per il sostegno (sostanziale) all’indipendenza dell’Algeria – una volontà di portare questa “necessaria unilateralità” verso una divergenza con l’Ue e gli Stati Uniti. Tale interpretazione, probabilmente stimolata dal desiderio di imputare al governo un nazionalismo revanscista sottopesando la postura di semplice ed oggettivo interesse nazionale, appare una forzatura infondata: Roma agisce in condivisione di informazione ed intenti con l’America, anche perché senza questa forza alle spalle sarebbe negozialmente più debole. Lo stesso può dirsi con l’Ue - pur sempre latente la divergenza con il protagonismo francese ed un allineamento incompleto con gli altri europei - dove l’Italia ne appoggia e stimola la penetrazione in Africa (che anche l’America ha ripreso in funzione anticinese). Comunque Roma tiene una postura specifica propria nel contesto del Mediterraneo e dell’Africa per diversi motivi: a) probabilmente Roma non vuole imbarazzare le relazioni con i regimi – per lo più democrature o  autoritari oppure penetrati da interessi russi e cinesi – diventando portatore di logiche di schieramento per far prevalere quella degli accordi pragmatici; b) sfruttare la buona percezione della “bandiera italiana” come partner affidabile, collaborativo e non condizionante, qualità che alle altre bandiere non è riconosciuta; c) prendere iniziative autonome pur non divergenti dalle alleanze perché  le alleanze stesse non mostrano un attivismo sufficientemente marcato entro cui inserire l’interesse nazionale senza bisogno di azioni indipendenti.

Detto questo, in generale, cosa possiamo aspettarci dalla visita in Algeria? Certamente approfondimenti della relazione e precisazioni ulteriori degli impegni reciproci.  L’Algeria deve aumentare gli investimenti per soddisfare l’aumento della domanda italiana di gas (e petrolio nonché forse prodotti raffinati): ciò implica un consolidamento del già buon rapporto tra le società statali Eni e Sonatrach attraverso una maggiore convergenza tra i due governi in materia di sicurezza, energie rinnovabili e scambi economici, nonché investimenti. Le relazioni tra governi sono buone da decenni e ciò aiuta la reciproca fiducia, per lo meno in materie critiche, per esempio il comune contrasto allo Jihadismo e sperabilmente al traffico di umani migranti. Punti critici? Gazprom è molto presente in Algeria, la Cina sta penetrando, Algeri ha l’ambizione di entrare nell’area sinocentrica dei Brics, è in conflitto quasi aperto con il Marocco per l’influenza sul Sahara occidentale-meridionale, ecc. Ma non può rinunciare ai soldi delle forniture di gas all’Italia, deve contenere l’influenza cinese e la presenza russa per non generare problemi con l’Ue, con cui le relazioni economiche sono di rilievo, e con l’America. Ciò rende probabile un negoziato a “ritaglio” dove le due nazioni si impegnano credibilmente a garantire le cose importanti per ambedue, lasciando fuori temi di schieramento geopolitico, ma con una fessura che convinca l’Algeria a contare sull’Italia per le relazioni con Ue e Nato e l’Italia a poter contare sull’Algeria per operazioni nell’Africa araba, tra cui Tunisia e Libia, e profonda. Un dettaglio è fondamentale per l’Italia: il prezzo dell’importazione di gas da Algeri. Quello del contratto siglato nel 2022 (in fase d’emergenza) non è stato svelato. Certamente è un obiettivo prioritario per Roma ridurlo il più possibile. In cambio di quali concessioni? La diplomazia italiana e l’Eni sono ben attrezzati in questa materia e il nostro primo ministro è pragmatico, ma non molle: certamente sono stati preparati dei dossier dove è stimato un fabbisogno algerino che l’Italia potrà soddisfare senza creare frizioni con le proprie alleanze principali e con alcune nazioni partner con rilievo arabo-africano, per esempio il Marocco.

Il rapporto bilaterale con l’Algeria è un pezzo rilevante della strategia dichiarativa di far diventare l’Italia stessa uno hub energetico per l’Ue. Ma chi scrive non è così sicuro che a Germania e Francia piaccia questa possibile posizione dell’Italia. Berlino sta costruendo rigassificatori in abbondanza, spingendo più di altri la produzione di energia da fonti alternative e negoziando con la Norvegia un tubo che fornisca idrogeno. La Francia tra un po’ riattiverà i reattori nucleari fermati per manutenzione. I due hanno siglato un accordo di reciproca fornitura (l’Italia sembra esclusa). Questi sono segnali che indicano una volontà franco-tedesca di non dipendere troppo da Sud e dal fossile, tema che indica una valutazione del raggio dello hub italiano. Attenzione su questo punto e sui prezzi relativi in comparazione con l’emergere di nuove tecnologie e l’obiettivo dell’indipendenza energetica con decrescenti dipendenze dall’estero grazie a (bio)gas ed idrogeno (da elettrolisi e biomasse) prodotti nazionalmente: il gas fossile ci servirà per 30-40 anni, ma in misura decrescente a fronte di altre fonti e tecnologie più efficienti.

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