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Carlo Pelanda: 2023-1-3La Verità

2023-1-3

3/1/2023

L’economia italiana nel 2023 potrà andare meglio del previsto

Nelle proiezioni macro di inizio anno 2021 e 2022 il gruppo di ricerca di chi scrive (Stratematica) diede probabilità prevalente, anche dopo la revisione nel marzo 2022 dovuta alla guerra e all’irruzione probabile di un picco di inflazione, ad una crescita dell’economia italiana superiore a quella prevista dagli scenari istituzionali perché lesse nei dati una maggiore forza del sistema produttivo nazionale, azzeccando il Pil poi realizzatosi. Al riguardo delle proiezioni 2023 vanno calcolati sia l’impatto della trasformazione repentina della politica monetaria da espansiva e restrittiva sia la reattività delle istituzioni italiane per mitigare lo shock sulla parte più vulnerabile dell’economia stessa: un 20% circa delle aziende italiane è fortissimo e globalizzato: andrà bene comunque e trainerà un vasto indotto; un circa 40% è fatto di piccole imprese sottocapitalizzate, ma molto attive ed adattive che riuscirà a resistere, per lo più, a condizioni avverse sul piano del credito bancario più selettivo, di un’inflazione lenta a scendere, ecc.; ma c’è un altro 40% circa fatto da microimprese che pur molto attive ed adattive potrebbe trovarsi in una situazione che eccede la capacità di perseguire la continuità aziendale o dell’attività professionale/artigianale. Si aggiunga che il rimbalzo post Covid del 2021/22 è stato un fenomeno non ricorrente che induce a ridurne l’effetto leva. Mancherà anche la spinta del 110%, idea sciagurata per esagerazione stimolativa che ha provocato inflazione aggiuntiva e buco nel bilancio statale pur avendo avuto un effetto breve nel rimbalzo. Molti analisti confidano sulla possibilità che gli investimenti del Pnrr possano sostituire le leve in esaurimento: in parte aiuterà, ma il vero effetto finanziario sarà differito. Le conseguenze modernizzanti sul piano infrastrutturale saranno importanti, ma dal 2025-26 in poi. Pertanto nel triennio 2023-2025 il fattore principale di crescita sarà costituito dal dinamismo degli attori privati in combinazione con un quadro normativo e di politica fiscale che lo aumenti invece di soffocarlo.

Export. Il Fmi prevede per il 2023 una pesante contrazione della domanda globale per difficoltà varie in America, Ue, e Cina. Ma l’export italiano non ne soffrirà troppo: il lusso resterà richiesto, soprattutto l’esportazione di tecnologia appare andare bene, analizzando il portafoglio ordini delle aziende. Il gesto unilaterale della Germania di immettere 200 miliardi potenziali e in parte a debito nell’economia tedesca a breve – pur divergenza tra politica fiscale espansiva e politica monetaria disinflazionistica – eviterà la crisi delle piccole aziende italiane che esportano componenti per l’industria tedesca. Inoltre, la tendenza dell’export italiano è globale e ciò bilancerà l’eventuale recessione in parte dell’Ue. In questa materia il ruolo del governo sarà quello di facilitare l’export spingendo l’Ue ad accelerare trattati di libero scambio nel mondo, creando trattati bilaterali di sicurezza e cooperazione che aumentino i flussi e allargando la copertura assicurativa sull’export stesso. Il governo sembra orientato in questa direzione e ciò invita a mettere un segno più sullo scenario. Segno più anche in materia di turismo. Potenzialmente l’agricoltura potrebbe dare la migliore sorpresa se fosse accelerata, via investimenti, la trasformazione delle sue imprese in aziende anche energetiche e “agritech” per il potenziamento in sicurezza delle produzioni in combinazione con politiche governative e locali di eco-adattamento contro siccità e alluvioni.

L’inflazione da scarsità di materie prime non energetiche e semilavorati è in riduzione. Al riguardo di quella energetica c’è molta preoccupazione. Ma il governo ha siglato una varietà di accordi bilaterali di forniture alternative a quelle russe che promettono abbondanza e costi gestibili e spinto la produzione nazionale. Non è chiaro se ciò eviterà problemi nell’inverno 2023/24 che molti temono. Nemmeno è chiaro l’impatto dell’embargo (relativo) di prodotti raffinati russi. Molti inoltre temono l’aumento dei prezzi del gas via nave quando la Cina si riprenderà dall’implosione interna.  Ma è chiaro che il governo ora è pronto a reagire agli shock. Mettendo insieme rischi e probabile reattività non c’è ancora un più nel settore, ma neanche un meno come nel 2022. L’inflazione non scenderà a sufficienza nel 2023, ma scenderà. Integrando i dati positivi con questo negativo, esce la maggiore probabilità che l’economia italiana nel 2023 arrivi ad una crescita lorda di circa l’1,5%, forse di più, mentre gli scenari istituzionali la prevedono in recessione o, nel caso migliore, di più zerovigola. Troppo ottimista lo scenario di Stratematica? Verrà revisionato a marzo dove la massima attenzione sarà data alle mosse della Bce. Il rischio maggiore per l’Italia è che la Bce riduca troppo rapidamente il suo bilancio azzerando il riacquisto del debito italiano comprato in precedenza per motivi anti-deflazionistici e pandemici e, soprattutto, forzando la restrizione del credito. Poiché la Bce è un’istituzione più politica che tecnica, appare chiaro che il governo italiano, certamente consapevole del rischio di perdere l’ombrello della Bce sul debito nazionale, cercherà di far notare alla Bce stessa (ora in tilt) la contraddizione tra stretta monetaria eccessiva e programma Tpi finalizzato a non far divergere gli spread per evitare la destabilizzazione dell’euro. Ciò servirà a ridurre lo stress su quel 40% di microimprese detto sopra. Ma avrà capitale politico per riuscirci? Chi scrive osserva che lo sta costruendo, rendendo probabile il più.

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