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Carlo Pelanda: 2022-12-18La Verità

2022-12-18

18/12/2022

L’accordo con Londra e Tokyo libera il potenziale tecnologico italiano

Era già nell’aria un riarmo del Giappone per adeguarsi alla nuova “età della deterrenza” e partecipare attivamente ad un sistema di difesa integrato G7 contro la minaccia dei regimi autoritari, che implica una Nato globale, nonché l’integrazione dei programmi anglo-italiano “Tempest” e nipponico “F-X” per la costruzione di un sistema aereo di superiorità di sesta generazione. Ma l’annuncio da parte del premier Fumio Kushida ha sorpreso, oltre che per il dibattito interno esplicito, per l’entità del riarmo stesso – il raddoppio della spesa militare dall’1 al 2% del Pil entro il 2026/27 - e per la dottrina di proiezione della forza a lungo raggio che ha sostituito quella limitativa del 1976. Ancor di più ha fatto impressione l’ambizione tecnologica nella fusione anglo-italiana-nipponica dei programmi sotto il titolo “Gcap” (Programma di combattimento aereo globale): ciò apre una riflessione sull’opportunità per l’industria tecnologica italiana trainata da questo programma di superiorità e da altri possibili nella nuova convergenza tra le tre nazioni.

C’è anche un’altra sorpresa. Il Pentagono sembra accettare di buon grado un concorrente per l’industria militare statunitense, cosa finora mai concessa sul piano delle tecnologie di superiorità. Questo perché la tecnologia statunitense sta già puntando riservatamente alla settima generazione? Forse. Ma c’è anche un nuovo concetto di “deterrenza integrata” che lascia molto più spazio agli alleati: l’importante è che i sistemi siano interoperabili, anche se diversi, e certamente lo saranno sotto il coordinamento di un comando integrato. Inoltre, potrebbe esserci un nuovo pensiero per massimizzare la competitività degli armamenti Nato/G7 e alleati contro quelli della Cina e della Russia: la seconda arretrata, ma capace di sorprendere in alcuni settori, per esempio i missili ipersonici; la prima che pur nei guai economici mantiene in crescita il bilancio militare e potrebbe essere competitiva nei sistemi spaziali e di robotica militare. Per ottenere armamenti sempre migliori, il Pentagono ha sempre finanziato almeno due prototipi per sceglierne uno dopo una gara serrata. Forse nel concetto di “deterrenza integrata” il Pentagono sta allargando il raggio dei concorrenti, non tanto per scegliere qualcosa di non americano – un’industria militare sovrana, pur aperta a programmi collaborativi, è parte del modello nazionale di difesa in tutti gli Stati che possono farlo - ma per ottenere dagli alleati nuove idee e/o capacità ausiliarie evolute che permettono deleghe di “presidio”. Se così, non vi sarà contrasto politico all’ambizione tecnologica di alleati capaci. E infatti l’ambizione del programma “Gcap” è impressionante: piattaforma per armi ad energia, gestione di sciami di droni, piloti con casco dotato di encefalogramma per intervenire in caso di emozioni inabilitanti, seconda mente di “cibernetica tutoriale” per assistere il pilota umano, completa robotizzazione della piattaforma aerea. Poi ci saranno gizmo ovviamente secretati che forniscono la vera superiorità nella guerra “netcentrica”, per esempio, immagina lo scrivente, una tecnologia “Occhio di Dio”, ecc. Se così, l’ambizione non è solo di sesta generazione, ma oltre.

Quindi si prospetta un salto tecnologico molto finanziato da bilanci convergenti trinazionali (e vendite ad affini) per l’industria italiana entro il 2035 con evoluzioni oltre. Un salto maggiore del simile programma “Fcas” franco-tedesco-spagnolo? Probabilmente, al punto da chiedersi se la Germania vorrà restare intrappolata in progetti di serie B voluti dall’euroautarchismo francocentrico di Parigi. Per definire il vantaggio dell’industria italiana bisogna aspettare il progetto di dettaglio e la ripartizione delle responsabilità per la produzione dei sottosistemi da assemblare. Va detto che inglesi e giapponesi, i primi imperiali pur senza impero e i secondi ancora impero, sono maestri nel fare i loro interessi, ma l’industria italiana di settore – se in programmi liberi dai vincoli politici ricattatori della Ue francocentrica – non è condotta da gente timida e remissiva. Soprattutto, le capacità tecnologiche residenti nella grande e piccola-media industria italiana, nonché nei politecnici, sono eccellenti in parecchi settori ed esclusive in alcuni. Quindi è possibile un rapporto equilibrato nel progetto ed anche, molto importante, nella decisione di quali nuove tecnologie degradare dal livello militare per renderle innovazioni nel mercato civile. Chi scrive ne intravede centinaia, ma è meglio aspettare dati reali. Comunque si può già pre-scenarizzare un impulso alla robotica semi-pensante, al suo interfaccia con la mente umana, ai nuovi materiali, ai computer quantici, ecc. Ma si dovrà anche pensare a sistemi spaziali congiunti in parallelo all’evoluzione di quelli di dominio subspaziale, a esodroni con capacità stazionarie e di difesa/attacco di satelliti, in generale ad un “Game of Drones” di nuova generazione endo-eso atmosferica.    

Appunto, tanti pensieri e nuovi per un Italia che ha trovato una finestra per esprimere il suo potenziale innovativo con i partner, finalmente, giusti. C’è chi critica la spesa militare. Ma a questi va ricordato che tale spesa nella nuova età della deterrenza produce fiducia economica per tutta l’area delle democrazie, permette di far restare fredda la guerra via dissuasione da superiorità e promette tante nuove tecnologie per la crescita dell’economia civile.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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