I sistemi autoritari stanno espellendo volumi crescenti di capitale umano qualificato e l’Italia ha bisogno di ingegneri, personale tecnico di vario livello o comunque sufficientemente istruito per poter integrarsi in un’altra nazione assorbendone cultura, stili e tipo di ordine. Ha anche bisogno di contrastare il declino demografico, a cui corrisponde quello economico, importando giovani non necessariamente ancora qualificati assimilabili sia via preselezione (corridoi controllati di immigrazione legale) sia via formazione speciale. Ma in questo momento, che non durerà molto, è in movimento internazionale un capitale di alta qualità che è già formato/qualificato che è oggetto di concorrenza strategica tra nazioni per attrarlo.
Il Regno Unito è riuscito ad attrarre parecchio ottimo personale in fuga dalla repressione cinese da Hong Kong, fornendo passaporti e, pur non strombazzate, facilitazioni selettive. Tra le centinaia di migliaia di russi che sono fuggiti per evitare il reclutamento, una parte certamente non rientrerà e ci sono segni che una parte di loro si sta muovendo verso l’America mentre il grosso appare ancora indeciso sul dove approdare. Dalla Bielorussia da tempo c’è una migrazione, per motivi di contrasto al regime, verso l’area europea. Da qualche settimana sta montando anche una fuga dall’Iran, non ancora chiaro quanti se per poi tornare e nel frattempo organizzarsi per il rovesciamento del regime e quanti per accasarsi altrove. Un capitale umano egualmente interessante proviene dall’Afghanistan: in 20 anni di occupazione Nato e statunitense circa il 20% della popolazione, soprattutto nelle aree urbane, è stata occidentalizzata (la democratizzazione stava funzionando ed il suo abbandono è la più grande ferita morale per l’Occidente in questi anni) e non riesce a sopportare l’assurdità repressiva dei Taliban: da questo luogo l’uscita è difficile, ma ciò che arriva indica un potenziale di ottimo capitale umano, anche forgiato dall’aver superato avversità gravissime. Sta anche iniziando una fuga dalla Cina continentale. Al momento di tratta di ricchi che temono la volontà del Partito comunista di azzerare quelle libertà economiche che dal 1978 hanno progressivamente spinto un enorme sviluppo dell’area. Ma si intravede un allargamento di questo fenomeno a personale qualificato, pur fenomeno difficile da valutare perché da anni la Cina comunista esporta individui per collocarli in una mappa globale utile per suoi fini strategici. Poi ci sono rivoli da almeno un’altra decina di nazioni, per esempio Venezuela, Birmania, ecc.
Ci sono esempi di politiche esplicite di attrazione concorrenziale di capitale umano qualificato? Chi scrive non le ha rilevate in forma forte, ma ha indizi per poter ipotizzare che ci sono azioni di reclutamento selettivo, ombreggiato, in alcune nazioni. L’America non ne ha bisogno perché i flussi di migrazione qualificata si orientano lì naturalmente, come, pur di meno, verso i Paesi nordici (che però stanno restringendo le accoglienze). Ma si nota nell’area europea un attivismo delle aziende private multinazionali per catturare il personale migliore. Va sottolineato che i governi hanno problemi nel rendere esplicite politiche di reclutamento selettivo per motivi di dissensi interni e per profilo morale. Poi c’è l’interesse strategico ad ospitare dissenzienti, ma non a naturalizzarli perché è più utile che questi tornino nei loro luoghi d’origine per organizzare/gestire cambi di regime o per sostenere dall’esterno la resistenza interna, cosa che implica il mantenimento di una forte connessione emotiva con la nazione d’origine. Ma nazioni con raggio di interesse globale mostrano di voler disporre di un personale residente e fidelizzato che permetta la proiezione di interessi nel mondo portati da individui etnicamente compatibili con la nazione target: Francia, Regno Unito e Germania sono campioni di questo metodo, l’America più di tutti, ma, appunto, non ha bisogno di reclutarli perché se li trova già in casa e più americanisti degli americani stessi. Se questo fosse un tema di concorrenza sul piano della geopolitica economica, allora andrebbe annotato che l’Italia è in una situazione decompetitiva a cui porre rimedio. E secondo chi scrive va annotato. Ma la priorità per l’Italia è un’altra e diversa da altre nazioni: la crisi demografica e delle competenze (quasi 600mila tecnici di medio e alto livello mancanti alle aziende) è maggiore e comincia a mordere. Il Giappone è nelle stesse condizioni, ma l’importazione di capitale umano trova barriere etniche. In Italia non ci sono queste barriere: i casi di ostilità verso gli immigrati sono dovuti alla loro mancata integrazione (fenomeno che porta a distinguere tra assimilazione e integrazione che lascia intatta la cultura originaria, per esempio i genitori della fanciulla Salman), ma nessuno si lamenta se trova un medico di colore o un informatico con accento russo. Quindi l’Italia può ricorrere all’immigrazione selettiva per compensare sia il gap demografico nel lungo periodo sia il gap di competenze nel breve termine, motivo suggerito per l’analisi da parte del governo entro un progetto di rafforzamento della competitività nazionale che implica l’obiettivo di massima qualificazione del capitale umano residente ed importato più un’iniezione di capitale umano importato già eccellente a cui non serve particolare formazione, ma solo una carta di identità per trasformarlo in denaro: antropoalchemia.