Un chiarimento realistico della situazione geoeconomica globale dopo il G20 è utile, in particolare per l’export italiano da cui dipende un fattore chiave di crescita del Pil che potrebbe mitigare la tendenza recessiva nel 2023 e rinforzare il rimbalzo nel 2024-25. Il bilaterale tra America e Cina non ha modificato il conflitto tra le due potenze: lo ha solo incanalato affinché non degeneri in guerra calda, ma senza interrompere la strategia statunitense di limitare lo sviluppo tecnologico e l’espansione dell’influenza cinesi. Ciò permette un certo spazio all’export italiano e tedesco senza incorrere in sanzioni americane e concordato con Washington, ma molto limitato dall’accordo euroamericano e G7 di non concedere alla Cina capacità condizionanti. Pochi giorni fa, la Germania, su spinta del ministero degli Esteri, ha attivato uno schema di controlli, limitazioni e disincentivi per le aziende con eccesso di relazioni con Pechino, ridimensionando il significato della recente visita di Scholz in Cina e dando un perimetro riduttivo al bilaterale Italia – Cina stessa. Quindi resta il problema per Roma e Berlino di trovare alternative sia all’interruzione dei commerci con la Russia sia alla riduzione prospettica di quelli con la Cina. Non ci sarà un’interruzione totale con Pechino, come segnalato dalla posizione statunitense, ma l’export in Cina non sarà più una leva primaria per l’export europeo. La soluzione compensativa è che l’Ue acceleri la sigla di accordi economici per il mercato unico europeo con il più possibile di altre nazioni. Un accordo è già pronto da tempo con il Mercosur, ma è finora stato bloccato da una conduzione antiambientalista del Brasile: ora è probabile lo sblocco. Forse anche con il Messico. I colloqui con India ed Africa sono promettenti. L’accordo con la Nuova Zelanda anticipa di qualche mese quello con l’Australia. In sintesi, ci sono trattati economici siglati o in evoluzione o allo studio con 78 nazioni. Per inciso, quelli siglati con Canada e Giappone hanno dato un particolare vantaggio all’export italiano. Un’altra azione fondamentale dell’Ue è quella di rendere più “liscia” la relazione commerciale con gli Stati Uniti inclini al protezionismo: a dicembre un negoziato specifico. In sintesi, è osservabile una tendenza europea a contrastare gli effetti depressivi della “deglobalizzazione” conflittuale con una “riglobalizzazione selettiva”, cioè con la formazione di un mercato molto ampio regolato da trattati bilaterali che rendono sicure le operazioni sia di export sia di rifornimento di materiali critici.