Le elezioni europee di sabato e domenica prossimi cadono nel momento in cui l’Unione europea è in bilico tra modelli diversi come mai lo è stata in precedenza. Ritengo utile dare ai lettori-elettori i termini di riferimento per valutare meglio questa situazione.
Sul piano politico l’alternativa è tra un modello federale ed uno intergovernativo. Nel primo le nazioni dovrebbero progressivamente conferire la loro sovranità ad un governo unico europeo. Nel secondo mantengono la sovranità conferendone dei pezzi ad un agente europeo in cui, però, pretendono una rappresentanza nazionale con diritto di veto. La formazione dell’Unione europea si è interrotta perché le nazioni non hanno voluto passare dal secondo modello al primo. Infatti, con una battuta, si può dire che oggi l’Europa è molto più di un’alleanza, ma molto meno di un’unione. La Costituzione europea in discussione, in realtà, non crea un’Europa federale, ma cerca solo di dare un minimo di coesione in più al modello intergovernativo. Un sintomo della rinuncia di fatto a quello federale viene dal fatto che i poteri delle istituzioni sovranazionali europee sono sempre di più ridotti (Commissione) o non attivati (europarlamento) mentre quelli dei tavoli intergovernativi (Consiglio dei governi, Ecofin, ecc.) sono in aumento. Quindi si potrebbe dire che l’Unione si sta trasformando in un’alleanza tra nazioni che è vincolante su molti temi, ma senza vero trasferimento di sovranità ad un governo sopranazionale.
Tale tendenza già emerse nel 1997 (Trattato di Amsterdam) quando si cercò di definire il sistema di governo politico dell’economia europea che si stava per dare una moneta unica. Le nazioni non vollero accettare un governo centrale dell’economia e per questo dovettero ricorrere ad un meccanismo molto rigido di controlli per difendere la stabilità dell’euro: il Patto di stabilità che semplicemente impedisce il deficit pubblico alle nazioni qualsiasi cosa succeda ed una missione solo restrittiva, cioè senza quella stimolativa, alla Banca centrale europea. Quando si dice che il “Patto” è stupido si intende questo: l’impossibilità di dare un governo politico all’economia europea ha reso necessaria l’adozione di un meccanismo poco modulabile e repressivo. Quindi impoverente. E tale impossibilità è dipesa dalla non scelta tra modello federativo ed intergovernativo. In quegli anni si disse che proprio le esigenze di gestione della moneta unica avrebbero costretto i governi ad optare per un modello federale. Ma ciò non è successo.
In sintesi, dopo la moneta unica non è possibile solo un’alleanza tra nazioni, ma queste non riescono e non vogliono formare un governo unico europeo. Si tenta ora di risolvere tale problema creando un più forte accordo tra nazioni solo per l’economia in sede di tavolo intergovernativo. Quindi lo scenario probabile a partire da queste osservazioni è quello di un’Europa che si darà solo strutture minime di coesione, ma non massime. Che implica l’idea di rendere l’Europa un’area economica, ma non una di unione politica. Vuol dire che le nazioni collaboreranno sul serio per evitare disastri monetari, ma su tutto il resto si negozierà volta per volta. La valutazione tecnica di tale tendenza non è negativa. L’Europa non riesce a darsi un modello, ma dimostra una notevole capacità pragmatica di trovare accordi che tengono stabile in qualche modo il sistema. Tuttavia, l’assenza di un modello o in un senso o nell’altro impedisce lo sviluppo dei potenziali massimi dell’area economica europea: mercato unico, sinergie di sviluppo, forza negoziale per immettere regole favorevoli nel sistema del commercio globale, ecc. Questa, in sintesi, è la situazione concreta dell’Europa che sarà l’oggetto del voto di sabato e domenica prossimi.