Senza togliere rilevanza alla Comunità di San Egidio, è evidente che la visita di Emanuel Macron al convegno organizzato da questa Organizzazione a Roma, potenziata da una colazione con Sergio Mattarella, abbia lo scopo di tutelare la recente relazione privilegiata tra Francia ed Italia. Questa è stata inizialmente consolidata dal Trattato del Quirinale – che però è solo una rivedibile lettera di intenti - e dalla recente collaborazione stretta tra Mario Draghi e Macron. Il francese è preoccupato che il nuovo governo possa prendere una posizione meno amichevole/subordinata. Anzi, particolarmente preoccupato perché da mesi la Germania sta demolendo la relazione diarchica con la Francia, cioè il patto di dominio congiunto sull’Europa, infischiandosene delle lamentele di Parigi. Pertanto sembra realistica la sensazione che Macron ora abbia veramente bisogno dell’Italia per condizionare una Berlino sempre più unilaterale. Se così, appare utile ipotizzare quale possa essere la posizione più conveniente per l’Italia.
Cosa sta succedendo alla e in Germania? La sua ricchezza nazionale è basata su un modello trainato dalle esportazioni il cui surplus derivato bilancia l’inefficienza del modello interno e permette un welfare assistenziale molto generoso che assicura la pace sociale. Per tale motivo, cioè vendere a tutti nel mondo, la postura estera di Berlino è neutralista/mercantilista. E lo è da sempre nel dopoguerra perché il “progetto nazionale” tedesco dopo la sconfitta è stato quello di dotarsi di un potere economico superiore che sostituisse quello militare, anche per comprare la riunificazione. Tra Francia e Germania c’è una tensione latente da quando Macron è in carica e spinge per una “sovranità europea” francocentrica e post-Nato mentre la Germania persegue un neutralismo, pur autonomista, non divergente dalla Nato. Questa frizione ha trovato parziale composizione quando Francia e Germania hanno trovato nell’allarme climatico un’opportunità per rendere l’Ue una “potenza verde”. Ma già nel 2010 chi scrive sentì in un seminario alcuni colleghi tedeschi che si chiedevano come far riconoscere alla Germania lo status di potenza pur non avendola di tipo militare per ottenere una “distintività” su cui appoggiare un’autonomia non conflittuale dall’America: la riposta era già “potenza etica”, poi diventata “verde”, con il potenziale dissuasivo (irrealistico) di negare il proprio mercato ad esportatori “non green”. Ciò, probabilmente, illuse la Francia di poter continuare con la Germania un percorso dell’Ue come potenza globale autonoma. Ma nel 2022 la Germania ha subito l’amputazione del mercato russo e l’imposizione da parte statunitense di ridurre le relazioni con la Cina dalle quali dipende buona parte del surplus. Disperata, Berlino ora cerca una nuova strategia per salvarsi. La richiesta all’America di strutturare un accordo economico tra Ue e Stati Uniti come compensazione per la perdita dei mercati russo e, in prospettiva, cinese non ha trovato risposta perché nell’elettorato di destra e sinistra prevale il protezionismo contro l’eccesso di concorrenza esterna impoverente. Quindi Berlino sembra tentare un’altra strada: mostrare totale lealtà all’America, comprando armi americane (F 35) e impostando un riarmo convergente, per ottenere il permesso di mantenere almeno una parte di relazioni con la Cina. Non si sa se nel prossimo viaggio a Pechino Olaf Scholz abbia ottenuto tale “red pass” o se stia forzando la situazione perché i cinesi stanno ricattando le aziende tedesche ingaggiate in Cina che ovviamente chiedono tutela al loro governo. Però è evidente che la Germania ha interesse a convergere con l’America riducendo i progetti industriali e militari con la Francia e, in generale, a degradare la relazione con la Francia stessa.
Sul piano emotivo sarebbe liberatorio per l’Italia vedere il disgregarsi della diarchia e una riduzione del potere nazionale sia francese sia tedesco che comprimono quello italiano dal 1963. Ma su quello utilitarista non sarebbe razionale smontare il bilaterale con la Francia, pur ribilanciandolo, né essere indifferenti alla crisi della Germania. Non per amore, ma per il fatto che l’Italia ha valore per l’America come “cuneo atlantico” in Europa se l’Ue resta stabile. Inoltre, un’Ue meno ostile è un moltiplicatore di forza per l’Italia che ne è azionista rilevante. Infine, gran parte dell’industria italiana è intrecciata come fornitore di componenti nobili a quella tedesca. Quindi la posizione più utile per l’Italia è quella di convincere gli alleati europei a spingere di più l’Ue per allargare lo spazio di relazioni commerciali con il mondo, via nuovi trattati economici bilaterali (in preparazione, ma lenta) con India, Indonesia, Vietnam, Mercosur, Messico, Africa ecc., nonché ad approfondire quelli già siglati con Canada, Giappone ed altri. Tale approccio è sostitutivo del mercato cinese, tra l’altro sempre meno sicuro per la guerra economica tra America e Cina, al momento limitata all’alta tecnologia, ma in estensione. Chi scrive ritiene che il maggior vantaggio per l’Italia sia quello di fare tavolo con sia Francia sia Germania nel trovare soluzioni di interesse comune facendo lavorare meglio l’Ue e rendendola più estroversa in collaborazione complementare con l’America. Nel nuovo governo ci sono ottime competenze per eventualmente trasformare tale bozza di strategia – che mira anche a ridurre il ricatto per il nostro debito - in vantaggio militare, geopolitico e nelle nuove tecnologie.