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Carlo Pelanda: 2022-9-17Verità and Affari

2022-9-17

17/9/2022

La Cina si fa più terricola e meno marina

Nel vertice di Samarcanda ha preso visibilità una variazione della strategia cinese di Via della seta: priorità al consolidamento di un blocco centroasiatico sinocentrico. Vediamone i motivi con un filtro di geopolitica economica e finanziaria.  

Non si tratta di una novità perché il concetto di “Greater China”, cioè di un’espansione del potere di Pechino nei territori viciniori, fa parte del pensiero strategico cinese da almeno un ventennio. Dal 2014 questa priorità fu secondarizzata per due motivi. L’influenza cinese su aree come il Kazakistan, e gli altri “stan” dell’area, era contrastata dalla Russia (oltre che dalla volontà di autonomia degli stessi). Inoltre, la Mongolia aveva una postura anticinese, l’Iran era considerato da Mosca un suo protettorato e l’India era in frizione militare con la Cina e manteneva una relazione forte con Mosca pur inserita nel Quad a conduzione nippo-americana. Più importante, Pechino mise in priorità una risposta simmetrica più che proporzionale all’intenzione statunitense (Barak Obama, febbraio e giugno 2013) di creare due aree di mercato americocentriche che escludessero Cina e Russia sia nel Pacifico (Tpp) sia nell’Atlantico, cioè con l’Ue (Ttip). Tale risposta fu la Via della seta intesa come conquista da parte della Cina di un’influenza globale diretta via posizione dominante nei flussi commerciali e loro snodi. Per inciso, già nel 2007 Pechino convocò parecchi dittatori africani agganciandoli con contratti che, semplificando, offrivano infrastrutture, soldi e armi ai dittatori stessi chiedendo in cambio materie prime, allineamento ed il loro voto all’Onu. La non rassicurante presenza di un’etiope al vertice dell’Organizzazione mondiale della sanità è una delle tante conseguenze di questa strategia densa di successi perché non contrastata a sufficienza dall’alleanza delle democrazie – perfino assecondata da Germania ed Italia guidate da una politica mercantilista e orba - fino all’estate del 2017 quando l’America disse basta e dichiarò nemica sistemica la Cina.

Ora la Cina è contrastata in America ed Europa. Comincia ad esserlo in Africa. Lo sarà nel Sudamerica. Nei Paesi islamici, Iran a parte, ha problemi. Ciò restringe il potenziale della Via della seta. Inoltre la Cina ha meno soldi disponibili che nel passato perché deve impiegarli per bilanciare l’enorme buco finanziario interno. Poi c’è la nuova priorità di dare lavoro a tanti che non riescono più a trovarlo in patria. Il tutto in un contesto di saturazione ( e quindi regressione) dello sviluppo dopo quasi 40 anni di crescita. In questa situazione è arrivato l’enorme errore di Mosca di mettersi in frizione dura con il mondo delle democrazie, perdendo forza e dovendo contare sulla Cina per sopravvivere. Da un lato, Pechino è molto attenta a non aumentare di intensità il conflitto con gli Stati Uniti. Ma, dall’altro si è trovata sul tavolo tutta l’Asia centrale perché la Russia non può più contrastarla. Già da tempo ha migliorato i rapporti con l’India e punta ad essere un mediatore credibile tra India e Pakistan. Può ergersi a protettore dell’Iran in sostituzione della Russia e senza pressioni negative allineare il Kazakistan, l’ostica Mongolia, ecc. Pertanto la mossa strategica servita da Vladimir Putin sul tavolo di Xi Jinping permette al secondo di prendersi in modi inaspettati un territorio non più impervio. Tra i due sembra quasi una relazione tra Mussolini subordinato e Hitler dominante. Per inciso, cresce la curiosità su come reagiranno i generali russi.

Obiettivi della Cina: (a) creare una vasta area monetaria centrata sullo yuan senza doverlo rendere convertibile, eventualità che renderebbe Pechino vulnerabile a manovre destabilizzanti da parte del dollaro, considerando, per esempio, che l’India vuole pagare il petrolio russo a prezzo scontato in rupie che poi i russi useranno per pagare beni cinesi, generando un nuovo esempio di convertibilità indiretta; (b) compensare via blocco centroasiatico le limitazioni alla Via della seta con un’azione che è difensiva perché rinforza il blocco terrestre contro l’accerchiamento del potere talassocratico delle democrazie, ma che è anche una piattaforma di forza utile per includere altre nazioni per scopi offensivi, per esempio un’attrazione maggiore (che verrà contrastata) per i Brics; (c) ridurre le spese in capex e in generale per i rifornimenti energetici ed altri, nonché per finanziare opere in cui imporre la presenza di manodopera cinese; (d) prendere una posizione dominante nel settore delle terre rare la cui estrazione, poiché distruttiva del territorio, richiede grandi spazi con poca popolazione e regimi autoritari: l’Asia centrale con in più Siberia e Afghanistan è un’area perfetta.

Chi scrive non è troppo preoccupato - a parte il tema delle terre rare, ma su cui c’è attenzione da parte Ue, Usa e G7 allargato - per questo sviluppo sul piano dello scenario geopolitico, al momento: era già nelle probabilità da tempo vista la debolezza russa, comunque la convergenza tra le nazioni coinvolte è debole (quella dell’India solo strumentale) e la parte islamica dell’area non è facilmente domabile. I problemi maggiori sono per la Turchia che rischia di perdere l’area turcofona centroasiatica, per l’Amministrazione Biden che non può insistere sul negoziato con l’Iran ormai sinodipendente, cioè puntuativi e non sistemici.

 In sintesi, diventa più chiaro che il vero conflitto è tra America e Cina, e che la condizione di vittoria è data dalla conquista dell’area grigia tra i due blocchi. Il vantaggio cinese al riguardo non è aumentato granché e la mossa sarà utile per compattare di più le democrazie. Se si svegliano.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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