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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2022-9-18La Verità

2022-9-18

18/9/2022

Si aggiunga all’analisi della corruzione russa quella cinese

Divertente, ma anche segnaletico. La comunicazione statunitense che dal 2014 la Russia abbia speso 300 milioni per corrompere figure di rilievo in diverse nazioni, senza dare particolari, ha suscitato un lussureggiamento di scommesse nel mondo degli analisti. Nel gruppo di ricerca dello scrivente è da qualche giorno quasi impossibile lavorare sui programmi in corso perché i ricercatori sono presi dalla sfida di interpretare la mossa americana e ciascuno scommette. I contatti con altri team collegati sul piano internazionale mostrano un fenomeno analogo. Visti l’eccitazione cognitiva e un caso di geopolitica che stimola le menti indagatrici, chi scrive ha assecondato queste competizioni individuali piuttosto che richiamare il team all’ordine. E venuto fuori di tutto. Tra le ipotesi più divertenti c’è stata la domanda: ma gli americani sono sicuri che i funzionari russi abbiano dato i soldi invece di tenerseli fingendo di erogarli ad altri ai loro capi? Risate. Imprudentemente, chi scrive è intervenuto affermando che il Dipartimento di Stato difficilmente sbaglia comunicazioni anche perché alimentato dall’Intelligence finanziaria del Tesoro e da quella della Nsa, ed altre agenzie, e che ogni parola è scrutinata dall’ufficio legale. In coro, i ricercatori più giovani: “visto che ne sa più di noi, tiri fuori la sua analisi e ci scommetta qualche soldo”. Inguaiato, lo scrivente si è difeso dicendo che in questa materia bisogna avere almeno un indizio preciso su cui far ruotare le analisi, nel caso non disponibile oppure oggetto di depistaggio. Ancor più inguaiato: “perché mai dovremmo studiare e lavorare con lei se non dimostra, esponendole alla critica, le capacità logiche e l’audacia cognitiva che lei stesso ci impone come metodo?”.

Ipotesi interpretativa. La mossa statunitense è fuori standard e ciò la rende poco scrutabile. Ma si intravede, se costretti ad ipotizzare, una logica: dissuasione condizionante. Significa avvertire i soggetti bersaglio che la loro ricezione di denari russi, pur garantita come non tracciabile, è stata scoperta ed archiviata con dati legalmente validi. Lo scopo? Allineare soggetti con rilievo politico e mediatico filorussi o comunque divergenti dall’America nel confronto con Mosca con la minaccia di “dereputazionarli” o farli imputare nelle loro giurisdizioni qualora non rigassero dritto. Pertanto l’ipotesi derivata è che i nomi verranno fuori solo in caso di deviazione singola dal giusto comportamento. Probabilmente c’è qualcosa altro: per esempio, un segnale ai controllori delle nazioni alleate che se non fanno bene il loro lavoro allora qualcun altro ha i mezzi per farlo. Ma lo scopo è farli operare in convergenza e non metterli in difficoltà. In sintesi, la mossa non standard è una di allineamento, probabilmente – se l’analisi almeno sfiorasse la realtà - caricata da certa irritazione per la non completa convergenza di alcuni alleati o la loro non completa capacità, o volontà, di controllare penetrazioni. Provando a tradurre: l’impero americano avverte spazientito che c’è bisogno di maggiore convergenza per reagire alle sfide.

Se così, va però annotato che la sfida maggiore per l’impero delle democrazie è lanciata dalla Cina. Da un lato, Pechino usa un metodo molto più raffinato di corruzione di quello “spiccioloso” di Mosca: offre vantaggi direttamente ai governi ed alle aziende che possono influenzarli. Dall’altro, questo tipo di relazioni è assimilabile alla corruzione. I media che poi parlano bene di un politico reclutato, ma non direttamente corrotto, ricevono soldi, in varie forme: per chi scrive questa è una corruzione indiretta molto raffinata. Le aziende trovano vantaggi in Cina se poi esprimono una posizione favorevole alla Cina stessa, per esempio le decine di imprese statunitensi che hanno scritto lettere alla Casa bianca chiedendo meno compressione contro la Cina. Da un lato, il metodo di corruzione cinese è difficilmente imputabile in un tribunale e forse ciò spiega la riluttanza americana nello stilare elenchi di “sinofili”: un segnalato potrebbe facilmente vincere una causa di diffamazione perché non ci sono prove di dazione diretta. Tuttavia, si può trovare un modo per dissuadere la penetrazione cinese nelle democrazie con il sostegno di entità residenti nelle stesse. In parte è già in atto selettivamente. Ma il grosso resta non contrastato. Pertanto l’invito a Tony Blinken (Partito democratico) è quello di mettere in chiaro la strategia cinese di influenza indiretta, includendo casa sua e non solo gli europei ed altri, possibilmente dal 1994 in poi: in quell’anno l’ufficio scenari del Pentagono (Net Assessment) indicava la Cina come nemico prospettico primario dell’America, capace di sfidarla nel 2024 per la superiorità, mentre l’Amministrazione Clinton (Partito democratico) apriva un negoziato riservato con la Cina per darle status commerciale privilegiato bilaterale, precursore della cooptazione nell’Organizzazione mondiale del commercio. Fu una scelta politica lungimirante e pensata per la pace globale oppure una incentivata? Nel 2017 il Congresso, con schema bipartisan, approvò la definizione della Cina come nemico sistemico, truffaldino e ladro.

Chi scrive è disposto a morire combattendo per la vittoria dell’alleanza globale delle democrazie contro i regimi autoritari e per questo chiede all’America tanta convergenza e trasparenza con gli alleati quanto l’America la chiede agli alleati stessi.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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