I governi europei stanno predisponendo piani nazionali di risparmio energetico ed eventuali razionamenti per contrastare sia la scarsità sia i costi insostenibili dell’energia. Quello italiano sta studiando un’azione attorno ai 10 miliardi per calmierare i prezzi delle bollette nel breve. Chi scrive ha messo insieme (“a matrice”) con metodo macro grezzo, ma indicativo, i programmi nazionali per costruire un indice di reattività paneuropeo contro il rischio, anzi l’impatto già in corso, di crisi energetica-inflazionistica. Il risultato preliminare è che c’è un gap pericoloso tra rischio e contromisure. Per colmarlo, evitando stress eccessivi e destabilizzanti a famiglie ed imprese, mancano due misure a livello comunitario: a) un fondo europeo d’emergenza a debito comune; b) una modifica del processo di fissazione del prezzo, in particolare, del gas che ora permette suoi rigonfiamenti speculativi (giochi moltiplicativi sui futures) sulla piattaforma di scambi “spot” olandese. Va aggiunto che la politica monetaria non può contrastare la scarsità di energia, cioè un’inflazione da offerta, e può combattere l’aumento dei prezzi e delle attese di suo aumento solo con un’azione distruttiva: mandare il sistema in recessione per diminuire la domanda di energia. Questo pericolo sistemico e di impatti nazionali devastanti rende prioritario il fondo d’emergenza europeo. I suoi vantaggi sono tre: 1) permettere agli Stati di finanziare uno scudo – diverso da nazione a nazione – contro gli extracosti energetici; 2) ridurre l’inflazione e così evitare che la Bce debba mandare in recessione l’economia europea; 3) montare uno scudo europeo adeguato dopo che l’Ue ha scagliato la lancia della guerra economica contro la Russia, misura finora mai presa pur allo studio, che rende vulnerabile l’Ue stessa, retrovia dello sforzo bellico e di mobilitazione morale dell’Ucraina, ai ricatti di Mosca. Che per inciso li sta attuando sul piano energetico con la speranza strategica che rompano la compattezza dell’Ue. Formato, durata e soldi di un fondo d’emergenza europeo che funzioni: architettura “a fisarmonica”, cioè flessibile, con durata fino a che si sentano gli effetti calmieranti della sostituzione delle forniture russe (2-3 anni) finanziato da debito comune senza metterlo nel bilancio degli Stati, in un capitolo speciale del bilancio Ue con riduzione a lungo termine. Da un minimo di 200 miliardi ad un massimo di 800, sostenibilissimi a livello europeo. Il previsto vertice Ue di settembre dovrebbe valutare questa opzione salvifica.