La propaganda elettorale delle sinistre sta sventolando il pericolo che un centrodestra vittorioso sposti la collocazione internazionale dell’Italia in divergenza con l’Ue e con la Nato. Pur comprendendo il ricorso a tattiche di demonizzazione come strumento di consenso, va annotato che l’enfasi su questo tema da parte della sinistra interna, che sta sollecitando la complicità di quella estera, sia “alza la palla” per quei governi che hanno l’interesse a tenere l’Italia sotto scacco – e caricarla di handicap nel momento in cui un eventuale nuovo governo di centrodestra inizi a lavorare sulle relazioni intraeuropee - sia crea un “rischio Italia” del tutto artificiale agli occhi degli investitori internazionali, cioè di future instabilità e divergenza dall’ordine fiscale. Pertanto le sinistre e i media di area dovrebbero riflettere sul danno che stanno provocando all’Italia (tutta) usando un linguaggio che induce gli osservatori esteri a valutarla come zona non sicura per il capitale di investimento, esposta al fascismo e a divergenze di tipo argentino dall’ordine finanziario europeo e chissà a quale altra turpitudine.
Ma qual è il profilo più probabile di politica estera di un’Italia eventualmente governata dal centrodestra? Secondo chi scrive sarà, in caso, quello di far contare di più l’Italia nelle sue due alleanze principali (Ue e Nato) per renderle migliori moltiplicatori della forza nazionale. Pertanto l’eventuale nuovo governo non divergerà, ma cercherà di rafforzare la posizione dell’Italia nell’alleanza euroatalantica entro uno schema di convergenza consolidata. Questo è il punto: i governi di sinistra hanno sempre tenuto l’Italia in una posizione “ascara” nei confronti di Francia e Germania e in una troppo passiva nella Nato. Sintetizzando, la sinistra ha accettato l’idea che l’Italia sia governata dall’esterno e tenga una posizione nella Nato adeguata ad un profilo demilitarizzato, senza negoziare maggiori investimenti per la sicurezza del Mediterraneo. Probabilmente un governo di centrodestra, orientato a definire l’interesse nazionale, cercherà più vantaggi per l’Italia nel ciclo di scambio con le alleanze. Ma lo farà – qui il punto – entro un’azione di convergenza e non di divergenza. Da dove chi scrive ricava questa sensazione? Conversazioni personali a parte, dalla logica: l’Italia ad alto debito e senza sovranità monetaria non può divergere da Ue ed Eurozona perché la sua economia pagherebbe un prezzo depressivo insostenibile. Così come non esiste la possibilità di divergenza con gli Stati Uniti essendo questi i protettori dell’Italia anche nei confronti di Francia e Germania ed essendo Roma il cuneo atlantista entro l’Ue. Appare molto improbabile che un governo di centrodestra non operi entro tale quadro di realismo: quindi l’idea che possa divergere è veramente forzata.
Andiamo però al punto dove la sinistra si sente forte e percepisce la destra vulnerabile: il sovranismo. Questo termine ha un significato artificiale perché vorrebbe distinguere gli europeisti confederalisti da chi non lo è, i secondi con una connotazione retrograda e poco istruita. Ma il contrario di “sovranismo” è “cessionismo”, anzi in Italia “autoannessionismo” alla diarchia franco-tedesca. La posizione del centrodestra, facendone una media, è quella di un’Europa dove le nazioni si sentano comode. Inoltre la realtà mostra come tutte le nazioni dell’Ue siano estremamente puntute nel difendere i loro interessi nazionali e molto riluttanti nel concedere ad un agente europeo cessioni di sovranità. In tale ambiente, la giusta (perché realistica) architettura, prima di tentare una confederalizzazione, è quella basata sul principio di “sovranità nazionali reciprocamente contributive”. La moneta unica richiederà una confederalizzazione che crei una politica fiscale comune senza la quale la moneta stessa resterebbe zoppa e a rischio di dissoluzione. Ma per arrivarci è necessario un passaggio intermedio dove ogni nazione possa adattarsi all’europeizzazione senza percepire danni al proprio interesse nazionale. Ed infatti, guardando le prassi dell’Unione, questo è il modello tendenziale corrente che ripristina per necessità (compromessi) il “funzionalismo” che caratterizzò il metodo della costruzione inziale della Comunità europea, fino al 1992 (Maastricht) ed al 1999 (euro) che imposero quello verticale “unionista”. Ora c’è una correzione della verticalità eccessiva, ma questa è pasticciata dalla coesistenza di un’Europa comunitaria (Parlamento e Commissione) e delle nazioni (Consiglio) dove la seconda però non riesce a soddisfare pienamente le nazioni stesse così come la sovranazionalità troppo ideologizzata della prima. In sintesi, il centrodestra vorrà certamente mettere ordine in questa confusione, perché danneggia soprattutto l’Italia, enfatizzando la collaborazione funzionalista tra nazioni e non la dipendenza di alcune dai diktat di altre. Questa ricerca di una Ue comoda per tutti per educarla ad una futura confederalizzazione graduale e senza traumi divisivi è secondo voi, lettori, un sovranismo distruttivo o un’estensione della rappresentanza degli interessi di un territorio entro un principio di interesse nazionale composto con tutti quelli delle altre nazioni partner?
In conclusione, sarebbe desiderabile che sinistra e destra italiane convergessero su una posizione attiva dell’Italia nell’alleanza europea ed atlantica per dare un segnale di solidità all’estero ed è un vero rammarico osservare che nella sinistra stessa non si esita a creare un inesistente “rischio Italia”. Ne tengano conto gli elettori.