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Carlo Pelanda: 2022-6-12La Verità

2022-6-12

12/6/2022

La possibile strategia italiana di penetrazione nell’area grigia tra i due blocchi

Tra i due blocchi (circa 3 miliardi di abitanti) c’è un’enorme area grigia (circa 5 miliardi) che sia quello sinorusso sia quello delle democrazie devono influenzare per ottenere il dominio globale. L’analisi dei comportamenti delle nazioni di questa area grigia (Africa, Sudamerica, India, ecc.) mostra in ciascuna la tendenza a tenere i piedi in quattro scarpe perché conveniente. Per esempio, la Russia corteggia l’India offrendole energia a prezzi molto scontati, ben accettati, ma l’India stessa mantiene un profilo collaborativo con il Quad – quadrilatero delle democrazie composto da America, Giappone, Australia e India – in funzione anticinese nell’Indo-Pacifico e dintorni. L’Algeria sigla allo stesso tempo un contratto con il blocco sinorusso per i fertilizzanti ed uno di aumento di forniture di gas all’Europa. La Russia ha preso da molto tempo posizioni in Africa – anche in concorrenza con la Cina che ne ha conquistate parecchie con investimenti in cambio di materia prime e voto all’Onu – e nei Caraibi. La Cina sta rinforzando il bilaterale con la disastrata, ma ricca di beni primari, Argentina e progetta di farlo con il Brasile. Il punto: in tutte le nazioni dell’area grigia è visibile una concorrenza tra i due blocchi basata sul corteggiamento geoeconomico delle singole nazioni, la maggior parte delle quali sta sviluppando una dottrina di interesse nazionale che accetti doni e/o facilitazioni da ambedue.

Strategia, dal punto di vista del blocco democratico? La migliore sarebbe una divisione collaborativa del lavoro tra America ed Ue. Per esempio, L’Ue avrebbe più facilità dell’America nel siglare un accordo di libero scambio, per lo meno selettivo, con il Mercosur ed il Messico, nonché con Cuba, mentre l’America stessa avrebbe più leva degli europei nel trattare una riconvergenza con l’Arabia dove il fattore militare pesa di più. Il punto in questa bozza di strategia è che l’America è restia a siglare accordi di libero scambio per il protezionismo condiviso a destra e sinistra – è un fattore che, per esempio, sta ostacolando la strutturazione dell’Ipef (Indo Pacific Economic Framework) per dare base economica all’alleanza politica tra nazioni del Pacifico, mentre l’Ue ha più interesse – perché molto più esportativa – e scala di mercato per farlo. Non c’è ancora un coordinamento tra America e Ue, ma non è irrealistico che i due concordino una divisione del lavoro globale, inserendo in questa il Giappone. Ce ne sono i segni, per esempio l’invito a Tokyo al vertice Nato a Madrid di fine giugno. Ma nel lato europeo bisognerebbe semplificare la procedura troppo complessa per la sigla di trattati commerciali: chi scrive suggerisce un formato evolutivo/funzionalista mentre ora la formula è rigida.

Ma il dato più interessante è che singole nazioni dell’Ue stanno agendo in modo unilaterale per stringere accordi industriali con nazioni dell’area grigia. E’ un problema per l’alleanza delle democrazie? Secondo chi scrive non lo è perché la concorrenza tra alleati rende più dinamica l’alleanza nel suo complesso. Ma l’Italia potrebbe essere svantaggiata nei confronti di Francia e Germania e altri? Valutiamo. Roma si è mossa da sola in diverse nazioni dell’area grigia per assicurarsi il rifornimento di gas e petrolio, forse sostenuta da un accordo bilaterale riservato con gli Usa per fornire sicurezza nella costa atlantica dell’Africa e nel Mozambico, pur essendo ancora vago quello per il Mediterraneo. Sta anticipando altri concorrenti in nazioni chiave, per esempio l’Oman, con missioni commerciali. Ciò mostra che l’Italia ha capacità diplomatiche corroborate da una tradizione di sostegno alle attività estere delle nostre imprese. Ma andrebbe rafforzata nei seguenti modi: 1) spingere di più sul piano politico l’attivismo estroverso dell’Ue, qui probabilmente in convergenza con Francia e Germania. Per esempio i dati relativi al trattati di libero scambio siglati da Ue con Canada e Giappone mostrano un vantaggio per l’export italiano; 2) rafforzare la collaborazione industriale con il Giappone e Taiwan per prendere migliori posizioni nel Pacifico, nonché con il Cile, Argentina e Brasile (dove la popolazione di origine italiana è numerosa); 3) rinforzare la presenza in Africa, già notevole, cercando di distinguersi – entro il movimento di convergenza tra Ue e Unione africana in atto – come miglior partner economico delle nazioni africane; 4) spingere per un bilaterale più forte con il Sudafrica e ottenere lì un approdo per le nostre portaerei (costruendone due in più); 5) lanciare il progetto “Lago adriatico” come zona speciale di collaborazione economica ed ambientale tra tutte le nazioni costiere, includendo Serbia, Ungheria e Austria, dando a queste nazioni non marittime, pur danubiane, uno spazio per poter mettere  loro bandiere sulle navi, Trieste/Capodistria/Pola Hub & Host; 6) Cercare lo status di partner nel Trattato di Abramo tra Israele ed Emirati, questo un passo supercompetitivo; ecc.. Il tutto richiede un rafforzamento importante del personale diplomatico e qualificato per gestire sia molteplici “desk” presso il Mae e le relazioni con le imprese italiane, le funzioni assicurative di Sace, le facilitazioni di Simest e il sistema bancario nazionale. Italia neo-mercantilista? Certamente, come gli altri concorrenti nel blocco democratico, ma compatibile con esso perché non si mescola con azioni del blocco autoritario, anzi, dando un contributo attivista a tutta l’alleanza globale delle democrazie. In conclusione, la guerra sta offrendo all’Italia un motivo concreto per darsi una strategia globale.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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