Il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, in settimana visiterà Roma, per poi proseguire verso Londra. Da sempre chi scrive – in particolare dal 1988/90 quando lavorò con un ambasciatore del Giappone in un progetto Onu, apprendendo il modus operandi sottile e spesso non intuitivo del sol levante - dà attenzione a Tokyo come grande, pur silenzioso, soggetto globale di geopolitica economica. L’agenda ufficiale della visita riguarda la maggiore attenzione dell’Ue verso l’Indo-Pacifico, considerando che Ue e Giappone hanno siglato un trattato di libero scambio che ha avvantaggiato più di altri l’export italiano, sulla scia di una recente visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Tokyo che ha fatto piacere al governo giapponese perché, andando prima lì, ha segnalato una tendenza della Germania a ridurre la dipendenza economica dalla Cina e a puntare di più sull’area del Pacifico non cinesizzata. Per inciso, la Germania da tempo sta cercando relazioni in India perché sia vede Pechino diventare sempre più un concorrente non molto leale sia prevede – pur in frizione con una parte della grande industria tedesca intrappolata nella Cina continentale - che nel prossimo futuro vi sarà nel globo un mercato delle democrazie e nazioni compatibili contrapposto al blocco sinorusso. Infatti Scholz usa il termine “globalizzazione intelligente”, che appare ambiguo, ma che chi scrive interpreta come costruzione di un “mercato globale delle democrazie” nel processo di “deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva” – titolo di un programma di ricerca dello scrivente dal 2013 – con una sfumatura di autonomia dal potere statunitense. Più chiaramente: Berlino, ex-impero, ma con ancora un pensiero imperiale, punta ad una collaborazione con l’America sì leale e solida, ma non come vassallo. Uguale è la posizione del Giappone, anch’esso ex impero, ma con un pensiero imperiale intatto che, similmente alla Germania, ha spostato dalle armi all’economia la propria proiezione di potenza nel mondo. Chi scrive ha annotato che nel testo di un accordo bilaterale siglato da Stati Uniti e Giappone, all’epoca di Donald Trump e dopo che questi aveva tolto gli Stati Uniti dall’accordo economico multilaterale nel Pacifico tra 12 nazioni (Tpp), promosso da Barack Obama, Tokyo ha preteso ed ottenuto che mai più l’America si sarebbe permessa di imporle dazi per scopi dissuasivi. Determinati i nippo!
Tornando a Roma, quale potrà essere il dialogo con Tokyo? Kishida è stato per molto tempo ministro degli Esteri e probabilmente questa specializzazione indirizzerà i colloqui. Forse (chi scrive immagina senza avere info specifiche) da parte nipponica vi saranno due espressioni di cortesia verso Mario Draghi. La prima potrebbe essere un compiacimento/ringraziamento per il fatto che Draghi abbia ricollocato solidamente l’Italia in una linea convergente con l’alleanza delle democrazie dopo la sbandata filocinese promossa dal M5S e da alcuni elementi del PD e l’adesione incauta alla Via della seta, ora cancellata di fatto. La seconda, forse, riguarderà un aggiornamento privilegiato sui negoziati in corso tra America e 8 nazioni dell’Indo-Pacifico per creare l’Ipef (Indo-Pacific Economic Framework) dove l’America è in difficoltà perché gli alleati di quel mondo le chiedono più accessi commerciali al mercato interno mentre Washington è riluttante. Nello stile sottile di dare info per riceverne, non è escluso che il giapponese chieda a Draghi che posizione terrà nella sua prossima visita di metà maggio a Joe Biden. La Ue ha lo stesso problema, perfino più pressante, con l’America: dare una base economica all’alleanza militare per compensare la perdita del mercato russo e la minore permeabilità prospettica di quello cinese, nonché una maggiore presenza negli accordi Ifep. Forse sarà prematuro parlarne, ma vi sarà un richiamo a più intense relazioni bilaterali dove questi temi saranno necessariamente in agenda. Alcuni analisti ipotizzano che Kishida voglia capire da Draghi, guardandolo negli occhi, quale potrà essere l’indirizzo della nuova maggioranza nel 2023 - probabilmente senza di lui, ma forse no - temendo che il partito filocinese riprenda forza. Solo ipotesi, ma il problema è vero non avendo ancora Roma bonificato del tutto il sistema da agenti di influenza russa e cinese nei partiti. Ma potrebbe esserci altro, più riservato: il Giappone è il vero protettore di Taiwan nel mondo e potrebbe spingere per un intreccio delle sue aziende di chip con il complesso industriale europeo, a partire dall’Italia che sta espandendo il settore, includendo anche gruppi nipponici. Il tema potrebbe essere un capitolo della cooperazione industriale in generale tra Giappone ed Italia, attualmente minore del potenziale dei reciproci interessi, in particolare, pensiero soggettivo dello scrivente, nel settore dell’industria militare. Poi Kishida volerà a Londra che ha appena invocato una Nato globale. Chi scrive trova l’idea molto sensata perché per gli europei sarebbe un modo per entrare nell’Indo-Pacifico offrendo non solo sicurezza, ma anche un mercato ampio e per le democrazie del Pacifico stesso un incentivo in più a formare un complesso globale. Ma l’America potrebbe non vedere bene la convergenza tra alleati europei e del Pacifico, temendo un effetto condizionante sull’America stessa. Tuttavia, nessuno metterebbe in discussione la leadership statunitense e anche Washington dovrà capire prima o poi che per mantenerla dovrà aprirsi a condivisioni. In questo gioco futuro chi scrive vorrebbe vedere una Roma attiva ed estroversa e non passiva e globotimida.