Dopo le emozioni è utile una valutazione fredda. Qual è il rischio che la minaccia terroristica e l’incertezza geopolitica destabilizzino il mercato? Tale domanda diventò missione di ricerca in molti think tank occidentali nel 1993, quando circolarono sia le prime informazioni sulla nuova insorgenza islamica sia la consapevolezza che la fine del mondo bipolare avrebbe aumentato le guerre. Gli stessi avevano appena finito di valutare come il nuovo mercato finanziario, emerso negli anni ’80, aveva reagito alla prima guerra del Golfo. I risultati, schematizzando, mostrarono i due termini del problema. Uno preoccupante: la nuova dimensione finanziaria, globale e di massa, del mercato lo rende più vulnerabile che nel passato a situazioni di incertezza. Con la complicazione che i flussi di capitale globalizzato risentono di eventi in qualsiasi parte del mondo a causa dell’istantaneità dell’informazione. E uno rassicurante: di fronte all’incertezza il mercato tende, prima, a reagire in modo esageratamente pessimistico, ma poi assorbe il colpo e tende ad adattarsi all’incertezza stessa facendo prevalere i fattori ottimistici. Ma a certe condizioni che furono più chiare dopo l’11 settembre 2001. L’adattamento del mercato al rischio dipende da quanta fiducia ha che le istituzioni sappiano eliminare, non necessariamente subito, le fonti del pericolo e gestire le emergenze. Ciò spiega, per esempio, perché negli Stati Uniti la risposta all’attentato delle torri è stata apparentemente non-proporzionale all’evento: la guerra globale ed estesa, e non solo locale e selettiva, alle fonti del terrore è stato lo strumento necessario per convincere il mercato a mantenere un ottimismo prospettico.
Ora l’evento di Madrid mostra una capacità e volontà dei terroristi islamici di operare anche in Europa. E segnala che è avvenuta l’integrazione – logistica e non necessariamente ideologica - tra forze eversive locali, l’Eta o sue schegge, e le cellule guerrigliere di Al Qaida. Modello replicabile in altre euronazioni. Il punto: il mercato si spaventerà di fronte a questa estensione del fronte? Da un lato, si è ormai abituato all’idea che vi possano essere globalmente eventi distruttivi localizzati che, tuttavia, non modificano i normali andamenti economici. Ha paura di attentati biologici e nucleari, ma il vedere la determinazione con cui le forze americane incalzano i terroristi in modo tale da non lasciare che sviluppino tali armi produce, per ora, una sufficiente rassicurazione. Dall’altro lato, tuttavia, emerge un nuovo interrogativo. Se la reazione europea sarà forte e compatta come quella statunitense, il mercato sconterà uno scenario ottimistico. Se sarà debole e divisa, invece, percepirà un peggioramento del rischio. Sarà più facile in un’Europa meno difesa mettere a segno dei colpi di quanto lo sia nei più blindati Regno Unito e Usa. Se, soprattutto, gli europei sotto pressione si dividono tra chi vuole combattere con tutti i mezzi il terrore e chi invoca una riduzione della controffensiva globale nella speranza di restare immune, allora Al Quaida aumenterà gli attentati per dividere europei ed americani. Il mercato registrerà questo fatto e si deprimerà. Per evitarlo sono necessarie due azioni: (a) più compattezza tra gli europei per combattere il terrorismo alla fonte, globalmente, rafforzando così l’intero fronte occidentale e rendendo più credibile la fiducia nella vittoria; (b) più risorse per la sicurezza, ora insufficienti in tutto il continente e quindi causa di una opportunità per i terroristi di fare rumore a minor costo che altrove. Meno l’Europa sarà determinata e difesa e più diventerà bersaglio.