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Carlo Pelanda: 2022-3-27La Verità

2022-3-27

27/3/2022

Operazione Abramo

Per l’Italia è fondamentale che il Mediterraneo ed il suo retroterra meridionale profondo, cioè Golfo e Mar Rosso, nonché Africa settentrionale con una proiezione meridionale fino a Nigeria ed Angola, sull’Atlantico, e Mozambico sull’Indo-Pacifico raggiungano una stabilità sufficiente per rendere sicuri e sostenibili i rifornimenti di energia. Da un lato, insieme a Ue e Nato ha una capacità di presidio militare del Mediterraneo costiero. Ma, dall’altro, ha bisogno che le nazioni rilevanti per l’area di interesse stabilizzino autonomamente le loro relazioni perché il caso contrario richiederebbe missioni che eccederebbero le capacità. In questa ottica hanno peso particolare il Mediterraneo orientale e le sue estensioni meridionali, in particolare Arabia Saudita, Emirati, Israele ed Egitto. In questa area è sorto un grande problema quando gli Stati Uniti a conduzione Barack Obama, oltre a favorire destabilizzazioni, hanno segnalato nel 2015 un minore ingaggio nella difesa delle monarchie sunnite e di Israele contro la minaccia dell’Iran. Postura confermata anche dall’Amministrazione Trump, in particolare nel 2019, quando non ha voluto rispondere all’attacco iraniano, pur poi ammazzandone il capo, contro navigli che trasportavano petrolio dall’Arabia Saudita, e dando a questa le armi per difendersi e combattere in Yemen contro l’insorgenza filoiraniana Houti. Tale problema di sicurezza comune di arabi e Israele contro l’Iran ha accelerato gli Accordi di Abramo (2020) tra Israele ed Emirati, di fatto con l’Arabia. Questione che è diventata più urgente quando Joe Biden ha ripreso i negoziati con l’Iran, facendo infuriare Emirati, Arabia e Israele. L’Arabia, in particolare, che sta subendo molteplici attacchi dai proxy iraniani Houti, simbolicamente pesante quello missilistico a Gedda a pochi kilometri dal circuito di Formula 1. E questa ha deciso di manco rispondere al telefono a Biden che cercava di convincerla a produrre più petrolio per calmierarne i prezzi. In effetti c’è bisogno di un chiarimento.

Questo sta avvenendo in Israele, con formato di summit tra ministri degli esteri, con la presenza rilevante di Marocco e Bahrain che si sono aggiunti agli Accordi di Abramo (ci sarebbe anche il Sudan, nazione chiave per il Mar Rosso e per la pressione dell’Egitto contro l’Etiopia filo russa e cinese in materia di guerra per l’acqua, ma Khartoum sta rinviando l’adesione).  Ed è stato preceduto da un incontro tra i capi di governo di Emirati, Egitto ed Israele, che è stato mantenuto semisegreto, pochi giorni fa a Sharm El Sheick. Il punto: gli arabi e Israele si sentono poco protetti dall’America e sono pronti a cercare diplomazie e partner alternativi per la propria sicurezza se l’America non si ingaggia nuovamente e decisamente nel teatro. L’America ha tentato di rassicurare più volte gli alleati del Mediterraneo e del Golfo che non si stava disingaggiando per la priorità di allocare risorse militari e diplomatiche contro la Cina: le basi militari restano (ma, francamente, meno in Africa e quasi zero in Iraq), la fornitura di armi evolute anche, ecc. Ma il missile contro Gedda ed una maggiore baldanzosità dell’Iran lo provano. Anche in Siria dove per distruggere i Pasdaran, Israele deve prima avvertire la Russia che lì presidia la base militare di Tartus. E teme che l’impiego degli Hezbollah libanesi da parte della Russia contro la resistenza ucraina poi implichi un sostegno a costoro per attacchi contro Israele stessa. Gerusalemme si è poi imbestialita quando l’America si è mostrata titubante di fronte alla richiesta iraniana di togliere le milizie filoiraniane dalla lista dei terroristi. Per inciso, Hamas ha da poco fatto ammazzare israeliani. Pertanto Tony Blinken farà fatica a rassicurare questi alleati: o interrompe i negoziati con l’Iran ed estende e garantisce la deterrenza oppure gli alleati dell’area devono trovare altre garanzie, con la retrogaranzia di ultima istanza dei missili nucleari israeliani, formalmente inesistenti, ma sostanzialmente operativi. Da un lato, il negoziato con l’Iran è stato interrotto dai russi che chiedevano posizioni meno aggressive all’America sul piano delle sanzioni per farli continuare. Dall’altro, l’Amministrazione Biden mostra la volontà di andare avanti. Questo è l’oggetto del chiarimento. Probabilmente l’Arabia via Emirati dovrà mettere sul piatto un rapido aumento della produzione petrolifera per convincere l’America a cambiare strada con l’Iran e ridurre l’ostilità verso i Saud. Forse dovrebbe metterci anche il distacco dell’Opec dalla convergenza con la Russia nel formato Opec +. Se così, allora la convenienza per l’America sarebbe più forte per fornire più sicurezza ad Emirati e Sauditi, nonché ad altri nel Golfo e nel Mediterraneo. Ma l’America spera veramente di staccare l’Iran dalla Cina (che ormai lo ha conquistato, marginalizzando la Russia) o di bloccarne l’escalation verso il nucleare senza bombardarlo o minacciare di farlo? Sarebbe ingenuo. Come lo sarebbe promettere all’Ue sicurezza energetica lasciando fuori Arabia ed Emirati e pericoloso affidare ad Israele il compito di bombardare il potenziale militare iraniano, in caso. Dall’eventuale soluzione ri-convergente di questo problema poi dipenderà la stabilizzazione del Mediterraneo complessivo, tra cui il teatro libico, una normalizzazione tra Algeria e Marocco e una ricollocazione meno problematica della Turchia. Noi? Chi scrive farebbe asse con Israele per contribuire alla sua riassicurazione e postura pro-occidentale, porterebbe l’Italia ad essere partner degli Accordi di Abramo, unica nazione Ue che potrebbe farlo, aiutandone l’estensione alle coste meridionali, ma anche settentrionali, del Mediterraneo.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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