L’uso della lancia in guerra economica deve essere combinato con uno scudo per evitare effetti controproducenti a chi emette sanzioni. Al momento l’Ue, più vulnerabile degli Stati Uniti, ha lanciato sanzioni pesantissime contro la Russia e ne sta valutando di ulteriori senza aver strutturato uno scudo adeguato: ciò la mette a rischio di recessione e inflazione, sempre più evidente negli scenari istituzionali e privati. L’Ue, tuttavia, pur studiandolo, non ha ancora generato un War Recovery Fund, così collocandosi in ritardo in relazione al fabbisogno.
Infatti la Germania ha deciso di muoversi da sola, annunciando uno “scudo nazionale” di 107 miliardi, fatto di una molteplicità di strumenti, in particolare, per mettere al riparo le aziende da stress eccessivi. Al momento Berlino sembra ricorrere all’indebitamento nazionale senza dipendere dalla copertura di un fondo europeo (il rigore di bilancio verrà ripristinato nel 2024): ha spalle larghe per poterselo permettere. Il gruppo di ricerca di chi scrive sta tentando di capire il fabbisogno di spesa e misure speciali per l’Italia e come questi potranno essere finanziati nel biennio critico 2022-23. Diversamente dalla Germania, non può fare extradeficit d’emergenza non garantito da un’istituzione europea perché il mercato alzerebbe il costo di rifinanziamento del debito, tendenza che già si vede al riguardo dello spread. Potrebbe riallocare la spesa all’interno del progetto di bilancio, fermi i saldi già fissati dal Def, ma poggiando il governo su una maggioranza Arlecchino la riallocazione selettiva non avrebbe il consenso di qualche partito, destabilizzando il governo stesso. Difficilmente il Pnrr potrà essere reindirizzato direttamente per la funzione “scudo”, pur indirettamente contribuendovi, ma in tempi differiti non adeguati all’emergenza di breve: potrà essere solo rimodulato per progetti particolari già stabiliti. Pertanto il governo italiano potrà impiegare solo dai 5 ai 10 miliardi aggiuntivi, con acrobazie, per coprire il fabbisogno d’emergenza. Una prima stima di quanta spesa serva per mitigare la tendenza recessiva ed inflazionistica è attorno ai 60 miliardi, assumendo un periodo di 18-24 mesi prima che aggiustamenti di mercato, reperimento di fonti alternative d’energia e materiali critici sia minerari sia alimentari possano avere un effetto calmierante sia su scarsità ed inflazione sia di sostegno alla crescita. Si includano i 10 che il governo potrà mettere in bilancio ordinario. Ne restano circa 50 per: mitigare i prezzi dell’energia per famiglie ed imprese con rinuncia ad un’aliquota del gettito; finanziare la cassa integrazione di centinaia di aziende costrette a ridurre le produzioni per eccesso di costi o scarsità di materiali; creare un sistema di credito garantito statale per evitare fallimenti di aziende e, conseguentemente, stress bancari; ecc. Per l’Italia tali soldi potrebbero essere sufficienti per mitigare la tendenza recessiva, forse perfino invertendola (i dati di nowcasting per alcuni settori dell’economia sono più positivi delle attese) nel breve-medio periodo. Ma per usarli avrebbe bisogno o di un debito coperto dall’Ue e poi sterilizzabile per decenni dalla Bce o di un nuovo programma simile a quello pandemico, stabilito che gli attuali Pepp e App andranno chiusi perché pompe di inflazione, ma che un War Recovery Fund europeo con regole selettive e tecnica che evita la “pompa di capitale” è sia necessario sia compatibile con l’eventuale aumento (moderato e graduale) dei tassi. Ma l’Ue lo farà? Ci sono voci che lo prevedono a maggio-giugno, ma altre che svelano un gap di consenso e quindi un ritardo. Qui si può solo sottolineare la necessità di farlo, bene e presto.
Ma si deve porre alla Bce un quesito: siete proprio sicuri che le reiterate dichiarazioni di “opzionalità” (cioè di essere pronti a qualsiasi evenienza) solo a parole difendano la fiducia economica? Chi scrive pensa che la situazione richieda un’evoluzione sperimentale della funzione di prestatore di ultima istanza in condizioni d’emergenza: creare un programma di acquisto debiti con missione specifica, organizzato a “fisarmonica”, cioè caricabile di fondi in base al fabbisogno (senza chiavi nazionali di capitale) dove l’opzionalità sarebbe più aderente alla realtà concreta. Ora la Bce aspetta di chiudere i programmi precedenti per poi valutare se aprirne di nuovi e ciò già mostra un’opzionalità viziata da poca reattività. Un altro quesito riguarda l’espansione del bilancio della Bce e la sterilizzazione dei debiti statali comprati. L’opinione di chi scrive è che non vi sia un limite fisso: il limite è dato dalla fiducia riposta dal mercato nella moneta, gestibile via definizione di una massa monetaria destinata alla sterilizzazione in decenni e segregata. C’è il divieto di monetizzazione del debito? Va mantenuto, non dando gli interessi dei titoli agli Stati, ma mettendoli al servizio della riduzione del debito organizzato in una massa monetaria, appunto, destinata alla riduzione nei decenni. Secondo lo scrivente tali innovazioni permetterebbero un finanziamento (non recessivo) più fluido di Stati ad alto debito come l’Italia, materia da sperimentare proprio in una situazione che richiede uno scudo in fase d’emergenza.