La Germania sta adattando la sua politica di bilancio alla priorità di difendere l’industria dagli shock multipli – costi energetici, blocco dell’export verso la Russia (circa 25 miliardi anno), coda degli effetti pandemici, ecc. – facendo debito. L’Italia che sta subendo gli stessi shock, invece, sta calibrando il sostegno all’industria in relazione ai limiti di bilancio, cercando di non fare extradebito. Da un lato, la differenza è dovuta alle diverse capacità di indebitamento. Dall’altro, è evidente che in Italia l’industria non è al centro della politica e che c’è un’abitudine ideologica a scaricare sul sistema produttivo extracosti per lasciare spazio ad interventi assistenziali, peggiorata nelle contingenze da un governo sostenuto da una maggioranza multicolore dove però prevale l’assistenzialismo. Ciò spiega in buona parte il ritardo o l’insufficienza del governo nel mettere in sicurezza il sistema produttivo: per togliere le accise al prezzo dei carburanti (fonte primaria di inflazione) dovrebbe programmare, per esempio, un taglio al reddito di cittadinanza a chi non ne avrebbe bisogno (circa 1/3) per evitare l’extradebito nazionale, ma così facendo perderebbe la maggioranza. Pertanto soffra il sistema produttivo, tanto le sue lamentele non contano per i numeri parlamentari e stabilità politica. Ma c’è una soglia oltre la quale il numero dei licenziati si trasforma in instabilità: tale soglia sta per essere raggiunta in molteplici settori economici. Il governo è certamente consapevole di tale rischio, in particolare dopo aver visto una caduta del Pil vicina al 2,5% nel primo trimestre, ma segue, per evitare elezioni anticipate, la strategia di mostrare all’Ue e alla Bce che l’Italia segue una disciplina rigorosa di bilancio per poi chiedere la creazione di un fondo europeo d’emergenza a debito comune, simile a quello attivato nella pandemia, nonché la riapertura dell’acquisto di debiti nazionali da parte della Bce stessa. Non è, dal punto di vista del governo, una strategia sbagliata viste le condizioni di stabilità politica come le percepisce. Inoltre, la Bce si è recentemente impegnata ad evitare la frammentazione degli spread, posizione che implica però un ferreo limite all’indebitamento dell’Italia. Ma chi scrive teme che tale strategia, facendo soffrire troppo l’economia italiana prima che arrivino compensazioni e miglioramenti di scenario, colpisca strutturalmente la competitività prospettica del sistema produttivo nazionale. Sarebbe razionale inserire anche tale fattore nei calcoli strategici del governo.