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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2022-3-6La Verità

2022-3-6

6/3/2022

E’ un errore chiamare la Cina come mediatore

Dal novembre 2021 e con più intensità dal 4 febbraio 2022, epoca dell’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping nella Pechino olimpica, gli analisti dei think tank in molte democrazie, annotando manovre militari comuni in terra e mare e, soprattutto, il termine “amicizia perenne” tra i due autocrati, nonché i test di missili cruise ipersonici, si chiesero se l’alleanza sino-russa stesse prendendo una profondità tale da modificare il paradigma di una convergenza solo tattica. Quando allo scrivente arrivò la domanda su quale fosse l’eventuale Grand Strategy derivabile da questa svolta, la risposta fu: evidentemente consolidare il blocco del capitalismo autoritario contro quello del capitalismo democratico nel globo e, dal punto di vista di Pechino, aprire un secondo fronte in Europa per alleggerire l’azione di accerchiamento della Cina da parte dell’America nel Pacifico combinata con l’assicurazione alla Russia che la Cina stessa avrebbe sostenuto, pur indirettamente, la pressione russa verso l’ovest euroasiatico. L’idea strategica condivisa (come provato dall’intelligence alleata, poi sgocciolata ai media, dell’esposizione dei piani russi ai cinesi) dai vertici militari sinorussi fu che l’amministrazione Biden e l’Ue fossero troppo deboli e divise per reagire. Quella tattica fu di cogliere tale opportunità nella primavera del 2022.

Ma l’azione offensiva di Putin verso l’Ucraina si impaludò e l’alleanza G7 reagì con imprevisti compattezza e scala delle sanzioni economiche. Pur non essendo chiare le analisi di contingenza da parte degli strateghi cinesi, appare evidente che il loro timore peggiore sia l’estensione delle sanzioni contro la Russia da parte di circa 40 nazioni ai clienti della Russia stessa. Infatti l’alleanza delle democrazie ha cominciato ad alludere con segnali iniziali e indiretti che tale estensione potrebbe essere un’opzione. Se fosse attualizzata, l’economia cinese che è ancora totalmente dipendente dall’export nonostante gli sforzi autarchici di Xi, subirebbe un danno molto maggiore di quella russa che ha un ruolo marginale nel mercato globale. Ci sarebbe anche un danno per le democrazie, ma questo sarebbe meglio assorbibile visto che molte di esse stanno riducendo i rapporti con la Cina, con l’eccezione della Germania. Ma questa, sospendendo l’apertura del gasdotto North Stream 2 – che di fatto è sine die - ha segnalato che seguirà le indicazioni dell’America. Si aggiunga che il Parlamento europeo estenderà di fatto la solidarietà all’Ucraina rinviando all’infinito la ratifica del trattato sugli investimenti comuni tra Ue e Cina: l’azione russa in Ucraina ha reso tossiche le relazioni con qualsiasi autocrazia. In sintesi, ora la Cina ha veramente paura. Lo si vede da come cerca di barcamenarsi: si astiene, invoca il rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina, segnala la sostanziale continuità del sostegno alla Russia, ma ordina prudenza alle sue banche nelle relazioni finanziarie con quelle russe. Se non fosse un momento tragico, verrebbe da ridere. Appunto, non è stata prevista la compattezza del G7 e affiliati. Probabilmente ora a Pechino stanno studiando un piano B dove, immagina lo scrivente, la Cina si metterebbe in posizione di mediatore tra Russia ed Ucraina/Nato ed Ue per minimizzare il profilo di rischio di sanzioni e demonizzazione, pur mantenendo l’alleanza sostanziale con Mosca. Ma per fare questa finta dovrebbe essere chiamata da qualcuno. Chi scrive non sa se gli erbivori dell’Amministrazione Biden ci stiano pensando, ma pensa che la burocrazia imperiale (carnivora) stia dando sufficienti informazioni per farli desistere: è un trucco. Tuttavia, ci sono sprovveduti politici italiani che spingono per una chiamata della Cina come mediatore, insieme a qualcun altro per migliorare la finzione. Lo scrivente avverte che la Cina, pur avendo il potere di bloccare Putin, chiederebbe benefici agli alleati che ne aumenterebbero la centralità e immunità sul piano mondiale: sarebbe una sconfitta per le democrazie. Per esempio, L’india sta osservando il gioco in corso per decidere quanto debba spostarsi sul triangolo Russia-Cina-India, spinto nell’ultimo incontro bilaterale tra India stessa e Russia, e quanto restare in traiettoria entro l’anticinese Quad (Australia, Giappone, Stati Uniti ed India): se vedesse la Cina chiamata da un Occidente bisognoso troverebbe conveniente una sua posizione terza tra i due blocchi, ma vicina alla Russia (e Mosca potrebbe monetizzare questo fatto con Pechino) come ha fatto durante la Guerra fredda. E così tanti altri.

Pertanto, se la Cina vuole disinnescare i rischi derivati dalla sua convergenza con la Russia, deve convincere riservatamente e direttamente Mosca, senza finzioni, e restare esposta a questi rischi fino a che non ci riesce. Si pregano i politici italiani di considerare il gioco globale e gli interessi sia nazionale sia delle democrazie in questa parte sottile del gioco duro tra potenze in corso.

Ma chi medierà? Nessuno può mediare in questa situazione: il confronto è tra blocchi, ha la forma di guerra aperta localizzata in Ucraina e di conflitto a bassa intensità sul piano globale e solo i blocchi stessi decideranno come gestirlo attraverso relazioni dirette di dissuasione e controdissuasione. Quello che può fare l’Italia è solo decidere in quale blocco stare e trovarvi una collocazione attiva che minimizzi i costi e dia qualche vantaggio. Poiché il blocco delle democrazie è più forte militarmente, economicamente, finanziariamente di quello autoritario non è solo morale, ma anche utile, diventarne parte significativa e non titubante o inadeguata.

(c) 2022 Carlo Pelanda
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