Cosa andrà a fare, e cosa potrà ottenere, Mario Draghi a Mosca e Kiev con la missione dichiarata di facilitare un incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelenski su invito del primo. Putin è la seconda volta che chiede una mediazione all’Italia, questa specifica. Roma ha reagito limando la minaccia statunitense di “sanzioni assolute”, in caso di nuova invasione russa in Ucraina, facendo dichiarare al ministro degli Esteri: “sanzioni sostenibili” (un ossimoro). Inoltre ha dichiarato che l’invio di truppe italiane a sostegno della missione Nato di presidio dissuasivo della frontiera orientale dipende da un voto del Parlamento. Sono questi segnali di una non piena convergenza Nato dell’Italia o perseguono lo scopo, concordato con gli alleati, di mettere Roma in condizioni di “Honest Broker” (onesto mediatore)?
Non si può escludere che Draghi abbia posto nell’alleanza il tema che senza il gas russo l’Italia avrebbe enormi problemi. Ma non sembra questo un motivo principale, pur significativo, della strana posizione di Roma perché le alternative alle forniture russe (Gnl dall’America, dal Qatar e da altri produttori africani, più produzione nazionale, ecc.) esistono anche se non del tutto sostitutive in tempi brevi. E neanche sembra credibile che l’Italia abbia preso il rischio di divergere da Nato e Ue. Quindi una prima ipotesi è che la stranezza italiana sia stata concordata con Washington e Parigi senza contrarietà da parte tedesca. Se così, e se l’invito di Putin fosse sincero e non un’ennesima mossa per mostrare nelle sue televisioni che i leader europei vengono mansueti al suo tavolo, quale sarebbe la speranza di Putin nell’ingaggiare Draghi? Draghi stesso lo ha dichiarato: facilitare un dialogo bilaterale russo-ucraino. A chi scrive Draghi non è apparso molto convinto di riuscirci: in conferenza stampa, infatti, ha detto: me lo ha chiesto Putin. Come per dire: non è mia iniziativa, lo farò, ma sono scettico. Dove sarebbe quindi il vantaggio per l’Italia? Entrare di fatto nel gruppo di contatto Normandia (Francia, Germania, Russia ed Ucraina) da dove l’Italia è esclusa e collocarsi come un interlocutore della Russia (seguendo la logica della teoria dei giochi dove a una mossa collaborativa bisogna rispondere con una simmetrica) senza violare la lealtà Nato. Può essere che Draghi veda come vantaggio insinuarsi in veste di triumviro nella diarchia europea, ma chi scrive pensa che ciò sia illusorio perché la Germania, pur facendo finta di apprezzare, mai permetterà un binomio franco-italiano che ne contenga l’interesse nazionale. Sarebbe strano se Draghi non lo sapesse e pertanto potrebbe, pensa chi scrive, puntare ad un vantaggio in convergenza con l’America, ma non in divergenza con Putin. E questo vantaggio sarebbe quello di permettere a Washinton e Mosca di riportare il conflitto nel perimetro ridotto dell’Ucraina, senza che si allarghi, dove Putin cercherebbe una vittoria senza invadere quello che non ha ancora invaso e Joe Biden dire che la fermezza americana ha bloccato la Russia, il secondo monetizzando questa posizione nelle cruciali elezioni di mid term (novembre 2022) che cambiano i 2/3 del Congresso e il primo rinforzando il consenso interno cedente. In effetti tutti sarebbero contenti, meno l’Ucraina e Zelensky. Ma certamente Draghi sa anche questo. Pertanto, ha una carta nascosta da giocare con Zelensky stesso – e con altri ucraini nazionalisti che lo defenestrerebbero se cedesse alla Russia - oppure no? Poniamo che ce l’abbia, fornita dall’America e forse dalla Francia, facendo il postino: cedere in modi salvafaccia Crimea e Donbas – che sono russofoni e russofili – in cambio della non invasione completa dell’Ucraina, dopo un periodo di congelamento e costruzione di un minimo di fiducia reciproca, e un forte pacchetto di aiuti economici nonché l’auto-rinuncia ad un futuro entro la Nato. Chi scrive pensa che tale soluzione pragmatica sia buona, ma difficilmente fattibile: non è facile trovare un salvafaccia che nasconda la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e rassicurare gli ucraini che, passato qualche tempo, la Russia non persista nel disegno di occupare la parte marittima dell’Ucraina stessa, se non tutta: come reagirebbe il circa mezzo milione di patrioti ucraini che si stanno addestrando alla guerriglia, bene armati? Resterebbero mobilitati o Zelensky o un suo successore li calmerebbe grazie ai soldi europei ed americani (e ad una maggiore disponibilità russa per il gas)? Troppe incognite e ciò fa ipotizzare che la missione di Draghi sia solo quella di portare i due contendenti ad un tavolo, senza essere produttore di contenuti. Non sembra un gran vantaggio anche se Putin promette costi del gas minori per l’Italia, ma inaccettabili nello schema Nato, e qualcosina altro. Se così, chi scrive suggerirebbe a Draghi di de-enfatizzare questo ingaggio per evitare a Roma la figura di sottomissione fatta sia da Emanuel Macron sia da Olaf Scholz.
A meno che, fantasticando, non abbia un asso nella manica. Per esempio, l’accordo con Papa Bergoglio che questi convinca i patriarcati ortodossi di Mosca e Kiev (in guerra tra loro e concausa di quella armata) a ingaggiarsi per la pacificazione. Oppure che da solo Bergoglio vada sul fronte del Donbas, si inginocchi silenziosamente, con stivali, tenendo una croce. Qualcosa del genere, molto potente sul piano simbolico e (geo)politico, dove la prima Roma aiuterebbe la concordia nella seconda (Bisanzio-Kiev-Mosca) e la convergenza con la terza (Washington). A proposito, visto che Draghi è stato cooptato nell’Accademia pontificia, perché non discute in Vaticano di questa opzione “Crux et Lux” che nessun altro al mondo può organizzare?