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Carlo Pelanda: 2022-2-6La Verità

2022-2-6

6/2/2022

Lagarde eviti errori da dilettante

Il presidente della Bce, Christine Lagarde, ha fatto un secondo grave errore comunicativo. Il primo, agli inizi del suo mandato, è stato “non siamo qui per allineare gli spread” corretto rapidamente dallo staff: in una moneta debole perché senza Stato se gli spread divergono troppo salta il sistema. Per inciso, la Bce non può essere indipendente dalla funzione di stabilizzatore politico e ciò rende spuria la sua missione tecnica: chi la guida dovrebbe capirlo, Mario Draghi lo ha fatto.   Il secondo è stato quello di comunicare una possibile anticipazione della stretta monetaria senza precisarla e bilanciarla. Ciò ha creato, la scorsa settimana, un’impennata degli spread nelle euronazioni ad alto debito, penalizzando molto l’Italia, ed un rischio di rialzo non compensato del costo di rifinanziamento dei debiti stessi, senza un motivo reale. Ora è auspicabile che la direzione collegiale della Bce imponga una correzione rapida alla “malacomunicazione” di questa signora, forse non ben addestrata nel mestiere che sta svolgendo, imponendole di studiare come le parole, e le virgole, di un banchiere centrale influenzino le attese dei mercati e quindi, a cascata, gli andamenti dell’economia reale. 

Va anche detto che la Bce appare divisa e tecnicamente indecisa. Finora ha tenuto una posizione dove ha comunicato che il picco di inflazione è temporaneo. In base a tale previsione ha comunicato al mercato che prima del 2023 non saranno rialzati i tassi e che, pur cancellando il programma straordinario di acquisto dei debiti (Pepp), probabilmente nel marzo 2022, manterrà attive altre posizioni espansive. Il fatto che Lagarde abbia comunicato senza precisazioni sufficienti che la postura della Bce potrebbe cambiare, ha creato nel mercato il dubbio che la posizione espansiva della politica monetaria complessiva possa invertirsi, parecchi attori finanziari immaginando che ciò avvenga perfino nell’estate del 2022. Ciò ha generato un aumento del premio di rischio per l’acquisto di debiti pubblici nazionali problematici: questa gentile signora sembra avere una passione sado-maso per la divergenza degli spread.

Cosa è successo? La Bce ha ottimi modelli analitici e previsionali, ma non ha previsto l’impatto del fattore geopolitico (francamente, poco pesato nella sua metodologia) sui prezzi dell’energia ed è rimasta sorpresa dalla velocità con cui si è ridotta la disoccupazione in molte parti dell’Eurozona. Questo secondo fattore, soprattutto, tipicamente scatena l’attenzione di una banca centrale perché fa temere una spirale inflazione-salari di carattere strutturale. Mentre i costi energetici e degli alimentari sono considerati fattori contingenti e non strutturali, implicitamente auto-risolventesi. Per inciso, questo è un errore logico che da tempo chi scrive critica, ma che ora è più evidente: i produttori di energia fossile cercano di monetizzare di più le loro risorse sia perché temono un esaurimento prospettico del ciclo fossile sia, soprattutto, perché devono recuperare le perdite dell’ultimo biennio. Poi va considerato che la velocità del rimbalzo economico, pompato da un eccesso di liquidità erogata dalle Banche centrali in Europa ed America e dai governi, ha creato una domanda superiore all’offerta di materie prime e semilavorati aumentandone i prezzi e generando una scarsità. Ma questo fenomeno si sta riducendo per aggiustamento di mercato. Anche quello dell’inflazione energetica dovrebbe seguire perché i produttori non hanno interesse a mandare in recessione le nazioni consumatrici, ma il fattore geopolitico, per esempio il ricatto russo (ora calante) combinato con la fesseria di ecostandard fantasiosi nell’Ue (ora infatti in revisione) non permette di prevedere un periodo breve di inflazione. Così di colpo la Bce ha dovuto fronteggiare un’inflazione corrente attorno al 5% senza poter confermare un tempo di sua riduzione. Ciò serve a dire che Lagarde si è trovata a gestire una situazione oggettivamente difficile dove la postura precedente della Bce non era più credibile ed è andata in panico con la complicazione di una probabile divisione all’interno della Bce stessa tra falchi e colombe, nel contesto del terrore di perdere il controllo sull’inflazione e di rialzi dei tassi da parte della Fed e della BoE (che hanno dovuto farlo per il rischio di shock inflazionistico sul lato della domanda, cosa che nell’Eurozona per il momento non c’è essendo sul lato dell’offerta) con il potenziale di deprezzare l’euro aumentando l’inflazione importata. Infatti la signora ha enfatizzato di più la comunicazione da falco, senza pensare troppo a come bilanciarla. In particolare non si è accorta che il mercato non ha problemi a scontare un rialzo dei tassi a fine 2022 o inizio 2023, se previsti con gradualità. Il rischio prezzi-salari è ancora remoto. E comunque se fa percepire al mercato che alzerà troppo presto i tassi non cambia la geopolitica, a questo devono pensarci i governi (che ci stanno lavorando), e solo rischia di mandare in recessione una parte dell’Eurozona. Al netto dello stress personale, comprensibile, c’era un modo per comunicare il momento in modi più rassicuranti perché lo scenario reale non è così catastrofico. A proposito di momenti: il “Trichet moment” – rialzo dei tassi quando andavano abbassati per il rischio di deflazione – fu devastante per l’economia italiana. Cerchiamo di evitare un “Lagarde moment”, migliorando la modellistica e la comunicazione della Bce. Comunque chi legge non perda fiducia nella Bce, pur la sua conduzione contingente avendo fatto un errore da dilettanti, perché è una istituzione solidissima capace di apprendere. Ma si sbrighi.

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