Andrebbe fatto notare al collegio dei conduttori della Bce che questa non è una banca centrale normale, ma una che ha la missione (geo)politica implicita di rendere stabile una moneta senza Stato, cioè un’area monetaria molto subottimale perché priva della gamba di politica fiscale integrata. Pertanto, in concreto, va loro detto chiaramente che sono lì per ridurre gli spread e non per aumentarli. Ciò non implica formalizzare tale missione perché il farlo esplicitamente deprezzerebbe l’euro agli occhi del mercato internazionale per mancanza di indipendenza tecnica, ma impone l’attuarla di fatto valutando le singole situazioni nazionali e inventando strumenti adeguati per facilitare la convergenza tra le nazioni dell’Eurozona fino a che questa non riesca a dotarsi almeno di un succedaneo, appunto, di politica fiscale unitaria: obiettivo nell’orizzonte, ma remoto e irto di ostacoli.
Nel sottofondo di questa opinione c’è il rammarico di un osservatore italiano. Nel passato ci volle un anno e mezzo prima di accendere una posizione accomodante mentre gli scenari chiaramente mostravano una tendenza alla deflazione. Ciò fu concausa di un olocausto economico per l’Italia (2012-15, con code persistenti) per eccesso di penalizzazione del suo spread. Nel presente la divergenza tra falchi e colombe nella Bce, complicata da un errore di comunicazione ora solo parzialmente corretto, in un contesto di shock da inflazione sta aumentando il rischio di aumento del costo di rifinanziamento del debito italiano con impatto sulla ripresa e sulla reputazione del suo sistema economico agli occhi del mercato, nonché iniziando a causare crepe nella fiducia. Da un lato, l’Italia ha colpe sovrane enormi sul piano dell’ordine finanziario. Dall’altro, sta cercando di perseguirlo. Ma sconta un errore sistemico: partecipare ad una moneta unica basata sul criterio di responsabilità nazionale prevalente (sussidiarietà ristretta) per l’ordine prima di aver ridotto il proprio disordine, cioè l’eccesso di debito. Ma ormai è fatta. Oltre alla politica italiana e comunitaria tocca alla Bce rendere più comoda la partecipazione all’euro. Ma deve essere comoda anche la partecipazione tedesca. E quella francese dovrebbe basarsi su politiche standard e non su eccezioni concesse dalla Germania al bilancio sempre in extradeficit di Parigi. Non è missione facile, ma necessaria. Come? Variando l’acquisto del debito in base alle situazioni nazionali, allargando di più il bilancio Bce per sterilizzare i debiti ed evitando comunicazioni non ben preparate. In sintesi: sussidiarietà sì, ma allargata.