Il risultato sostanziale, pur non intenzionale, della Cop 26 di Glasgow è stato quello di esplicitare che la maggiora parte del mondo vuole evitare un conflitto tra sviluppo ed ambiente, preferendo un rischio sul lato del secondo piuttosto che del primo, allungando i tempi sostituzione delle fonti di energia fossile da parte di quelle alternative. E ciò non cambierà, pur ecoattutiti i linguaggi, nella Cop 27 prevista in Egitto. Ma un altro risultato sostanziale è emerso nel passaggio dalle astrazioni alle applicazioni di ecostandard restrittivi ed accelerati nell’Ue: il mix di fonti alternative finora previsto non è sufficiente – per affidabilità e tempi/costi - a coprire il fabbisogno energetico: vanno aggiunti gas e nucleare. Il governo italiano sta prendendo atto che il gas è stato “verdizzato”; che l’Italia galleggia su una bolla di gas; che il prezzo del gas importato potrebbe restare troppo elevato in prospettiva non breve. Quindi sta studiando la riapertura dei giacimenti chiusi a causa di dissensi ideologici e l’incremento della produzione di quelli ancora in attività. L’idea è quella di aumentare la produzione nazionale dal 2023, forse prima, per ridurre il costo delle bollette. Bene. Ma tale idea potrebbe essere ampliata, considerando che l’inflazione per causa dei costi energetici sta riducendo il dissenso contro le trivelle e simili.
Lasciando stare, ma senza dimenticarlo, il petrolio, nella zona economica di giurisdizione italiana c’è molto gas ancora da sfruttare: pianura padana, Adriatico, meridione e offshore ionico-siculo. La mappa mostra una striscia a forma di “S”. Ci sono anche ipotesi tirreniche. La tecnologia di estrazione è molto evoluta ed è improbabile contrasti con la vocazione turistica delle coste. Quanto gas ci sia non è ancora dato precisato, ma chi scrive ritiene sensato ipotizzare che il potenziale sia di circa il 25-30% del fabbisogno energetico nazionale per almeno 40 anni. Se fosse sfruttato farebbe da stabilizzatore dei costi energetici fino ad un più ampio sviluppo di fonti alternative e fino all’era del nucleare a fusione che in 3 decenni dovrebbe trovare industrializzazione. Se questo fosse rilevante nel nuovo mix energetico dal 2060, allora la de-carbonizzazione e de-metanizzazione prenderebbero un andamento esponenziale, portando la neutralità carbonica in tempi compatibili con gli ecoscenari odierni (in revisione, per inciso). Investimenti sul gas oggi? Avrebbero i giusti tempi per un ritorno, una bella torta. Ciliegina? Cartolarizzare i diritti statali di sfruttamento del gas e venderli per ridurre il debito.