Il Trattato di cooperazione bilaterale rafforzata tra Francia ed Italia ha il formato, nel testo base, di una lettera di intenti non vincolante in modo diretto. Ma, negli allegati, pone il vincolo di consultazioni in molteplici settori. Da un lato, la Francia ha dovuto rinunciare al tentativo di condizionare l’Italia a livello di testo base. Dall’altro, ha concesso un annacquamento di questo perché ha molta fiducia nella propria capacità di ottenere la subordinazione dell’Italia a livello delle singole consultazioni/negoziati settoriali. Ciò suggerisce che l’Italia debba rafforzare la sua capacità di pensiero strategico e di negoziati tecnici, qui alcuni spunti.
Prima, però, va spiegato il perché delle ansie di alcuni analisti, tra cui chi scrive, e organi stampa quando presero visione delle prime bozze e carteggi negoziali. I testi che la Francia voleva imporre all’Italia apparivano molto condizionanti. A lato, poi, era fresca la memoria di cedimenti sconcertanti alle pressioni francesi. Per esempio, durante il governo Conte 2 fu data la preferenza all’acquisizione di Borsa italiana da parte di Euronext, a conduzione francese, mentre sarebbe stato enormemente più vantaggioso per l’economia e finanza italiana dare il gradimento alla Borsa svizzera che offriva un modello di maggiore autonomia, valorizzazione nazionale e flusso di capitali. Ci fu un’azione di influenza pesante da parte francese. Così come lo fu la pressione franco-tedesca, via Commissione, per nanizzare Ita e quella, in particolare francese, per comprare aerei Airbus invece che Boeing. Tanti altri esempi di ricatti. Ma la diplomazia italiana, al riguardo del Trattato, è riuscita a non farsi mettere sotto e ha combattuto per ottenere un testo abbastanza innocuo, pur in condizioni di inferiorità. Per inciso, i testi non sono ben fatti nonostante la professionalità dei tecnici italiani ed anche francesi, segno di compromessi dopo lotte dure. Tuttavia, ha potuto solo rinviare a negoziati settoriali il problema. Appunto, sarà su questi che l’Italia dovrà giocare la partita con capacità che ancora non ha e che deve costruire in fretta. In materia, chi scrive ha avuto la sensazione che l’espressione di Mario Draghi “Francia e Italia sono più vicine” volesse dire che non sono ancora del tutto vicine. Pericolo scampato? Solo rinviato: sono motivo di preoccupazione gli accordi tecnici settoriali laterali.
L’Agenzia spaziale italiana (Asi) ha problemi per funzionare bene come stazione appaltante. L’intelligence francese ha colto questa vulnerabilità e ha ispirato un accordo (ora in bozza) che prevede il trasferimento all’Agenzia spaziale europea (Esa, a dominio francese) dei denari del Pnrr destinati all’Asi nonché di rilevanti risorse umane. Al momento la bozza è stata bloccata in extremis, ma per far restare in vita l’Asi ci vorrebbero norme specifiche per il suo buon funzionamento che trovano strani ostacoli in Italia. Nel Trattato c’è un riferimento ad una maggiore cooperazione tra Asi e Cnes (equivalente nazionale francese) che deve preoccupare. Come deve farlo l’accordo relativo ai lanciatori missilistici, richiamato con enfasi nel Trattato, l’italiano Vega (medie dimensioni) e il francese Ariane (grandi): non c’è un reale impegno francese per favorire il vettore italiano, in particolare sul punto più importante che è la commercializzazione dei servizi di messa in orbita. Ciò fa sospettare l’eliminazione/assorbimento di un concorrente per il lancio di piccoli e medi satelliti. E fa sospettare tentativi francesi di ridurre l’accordo tra Asi e l’americana Nasa per il programma Artemide di sbarco sulla Luna (e oltre). Nonché di asservimento delle eso-risorse italiane residue per creare un’illusoria capacità spaziale europea autonoma a guida francese. Più serio è creare una capacità euroamericana, vista la mega-sfida posta dalla Cina. Un altro sospetto è che la Francia vorrà sabotare l’accordo italo-britannico-svedese per il caccia di 6° generazione Tempest che si contrappone a quello franco-tedesco (ma i tedeschi vorrebbero sfilarsi) Fcas. Difficile, anche perché il Giappone sta valutando l’adesione al Tempest per non dipendere troppo dall’America e allo stesso tempo non divergere. Ma ci sono segnali che la Francia tenterà in ogni caso premendo sull’Italia. La lista dei temi critici è più lunga, ma quanto detto dà l’idea.
Come rafforzare l’Italia nei negoziati tecnici? Prima di tutto ci vorrebbe un Consiglio di sicurezza nazionale capace di mappare tutti i temi critici, con il sostegno delle industrie interessate (al momento preoccupate), aiutando il governo a capirli e ad elaborare strategie. Per i temi di strategia (geo)politica andrebbe fissato un concetto al riguardo della Francia simile a quello delle tre C, adottato dall’America nei confronti della Cina: cooperazione, competizione e contenimento, calibrando il primo per minimizzare il terzo e avere mani libere sul secondo. In successivi articoli verranno dati esempi. Più urgente è montare una relazione convergente con la Germania e rassicurare il Regno Unito, due clienti e partner strategici per l’Italia. Nella relazione con Berlino un’ipotetica forte convergenza italo-francese potrebbe essere usata come deterrente per contrastare posizioni troppo rigoriste. Ma sarebbe più sano concordare riservatamente e preventivamente con la Germania punti di convergenza prima di decidere se, cavourianamente, cedere di più alla Francia per contenere la Germania oppure siglare un accordo di cooperazione rafforzata con la Germania stessa. In ogni caso l’Italia dovrebbe diventare capace di auto-rigore per evitare di farselo imporre dall’esterno con ricatti. In conclusione, il Trattato spinge l’Italia a conquistare più ordine interno e capacità strategica esterna per difendere la sua ricchezza nazionale.