L’annuncio della fine del Pepp, che ha innervosito i mercati, è un assist ai Paesi rigoristi. Ma potrebbe celare un invito per Roma ad allinearsi ai diktat sul debito, spingendola in una posizione di sudditanza a Parigi.
la Bce ha annunciato la fine del Pepp (programma straordinario di acquisto dell’indebitamento pandemico) senza però specificare altre azioni di sostegno, pur allo studio (App), a favore delle euronazioni che dovranno sia tenere un deficit elevato almeno fino al 2023 sia rientrare gradualmente nell’ordine finanziario europeo, cosa teoricamente possibile solo dal 2024
Gli attori del mercato finanziario hanno interpretato la mossa come un’elevata probabilità di ritorno rapido al rigore e hanno svenduto titoli di debito italiano.
Va detto che il mercato è nervoso anche perché vede una Bce che racconta favole sulla temporaneità dell’inflazione, teme l’implosione finanziaria della Cina, con con-seguente contagio globale.
Inoltre, annota che il rischio epidemico resta global-mente piuttosto elevato. Va anche detto che sia la Bce sia l’americana Fed devono gesti-re una situazione molto complessa: alzare i tassi può far scendere l’inflazione, ma al costo di una megarecessione, particolarmente nell’Ue, che ridurrebbe la domanda di energia, calmierando i prezzi.
Ovviamente le banche centrali non se la sentono di interrompere la ripresa economica e preferiscono «governare con l’inflazione», almeno fino a che le persone con reddito fisso e basso, in particolari i pensionati, o moriranno di fame o si ribelleranno, destabilizzando le democrazie.
La Bce ha scelto di prendere questo rischio, forse confidando su soluzioni geopolitiche per convincere con le buone 0 le cattive i produttori di energia fossile a calmierare i prezzi: in effetti è probabile che qualcosa «di geopolitico» verrà fatto, ancora non valutabile l’efficacia per l’Ue, considerando che l’America gode di indipendenza energetica sul piano delle fonti fossili.
Per inciso, non esiste nei prossimi 30-40 anni la possibilità reale di sostituire in quantità sufficienti con energie alternative la dipendenza da carbone, petrolio e gas nel mondo, anche accelerando il nucleare a fissione e a fusione: calendario già esplicito per Cina, India e altri.
Pertanto la mossa della Bce per tentare di disinflazionare dove può, trova, intanto, la chiusura del programma di megaliquidità d’emergenza che è molto «reflattivo».
Se così, allora l’aumento dello spread che mette in difficoltà l’Italia, potrebbe essere interpretato come un errore da parte di una banca centrale in difficoltà per lo scenario generale e per quello particolare dove sono sempre più forti, da parte dei Paesi nordici, alcuni alleati della Germania, per difendere l’ordine finanziario.
In tal caso, qui il commento si limiterebbe ad invocare sostegni selettivi per le nazioni con più alto debito pregresso nella riunione Bce di dicembre e a mostrare come il governo Draghi abbia impostato una politica economica sia espansiva sia stabilizzatrice. E interpreterebbe la mossa Bce quasi come un sostegno al go-verno stesso per ridurre le pressioni dissipative della spesa pubblica da parte dei partiti, per educarli.
Ma è doveroso segnalare al lettore anche un’altra interpretazione che appare fantapolitica, ma che non è possibile escludere. La stretta della Bce è avvenuta in un momento in cui il mercato internazionale stava dando molta fiducia all’Italia e il governo italiano varava previsioni dorate per il
La Bce ha voluto colpire questo sentimento, riportando l’attenzione sul debito italiano, per calmierare gli entusiasmi oppure per ricordare all’Italia che è ricattabile e che deve allinearsi agli eurodiktat? Per inciso, va sottolineato che la buona crescita dell’Italia nel 2021 ridurrà il ricorso all’indebitamento nel 2022. Qualcuno sopra la Bce - la cui indipendenza dalla (geopolitica, in questa fase, non è piena- ha forse temuto che l’Italia potesse limitare la propria ricattabilità? In tale ipotesi, questo qualcuno abita a Parigi e ha forte influenza sulla francese Christine Lagarde.
Non possiamo escludere che costei abbia voluto prendere due piccioni con una fa-va: mostrare ai rigoristi - in particolare dopo le dimissioni del presidente della Bundesbank - una linea di ripristino dell’ordine monetario ed allo stesso tempo segnalare al governo italiano di allinearsi. Va annotato che la condizionalità pur pesante per ottenere i soldi europei in realtà non potrà essere applicata dall’Ue per-ché sia il governo Draghi mostra conformità sia la sospensione di una rata per qualche ritardo o inadempienza pro-vocherebbe eurodivergenze fragorose. Ma la condizionalità indiretta e silenziosa, giocando sul fattore debito, ha ed avrà certamente efficacia.
Per far fare cosa all’Italia? In tale ipotesi, un po’ fanta e un po’ no: accettare l’ascarizzazione, evidente nelle bozze del trattato del Quirinale, da parte della Francia in cambio di aiuti sul debito da parte della Bce.
Come uscire dal ricatto sen-za provocare una guerra con la Francia, dannosa per ambe-due? C’è un’opzione europei-sta: includere la Germania nell’accordo di cooperazione rafforzata, rendendolo triplice e diluendolo via riferimento alle regole Ue, ma aprendolo a tutti gli europei che lo desiderano. Se non va, resta l’opzione del rinvio sine die del trattato, con lo zuccherino di qualche accordo minore ed innocuo
E la Bce? Ha risorse interne sufficienti per autocorreggersi, se stimolate con opportuni segnali.