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Carlo Pelanda: 2021-10-3La Verità

2021-10-3

3/10/2021

E’ urgente un ecochiarimento

Nei diversi seminari via Internet tra ricercatori, per lo più, europei ed americani in materia di scenari globali, che chi scrive frequenta, sta emergendo la sensazione che le attuali scelte di ecopolitica producano rischi eccessivi di inefficacia tecnica e di distorsioni economiche gravi. Molti, inoltre, denunciano un clima politico-mediatico che comprime la libertà di critica e la ricerca di soluzioni più efficaci. Gli economisti, inoltre, temono che il ciclo dei carburanti fossili durerà più a lungo di quanto preveda l’Ue via sostituzione di fonti energetiche incerte e che le nazioni produttrici non investiranno in nuovi giacimenti, ma alzeranno i prezzi di petrolio e gas che già hanno, come sta facendo la Russia, così innescando un periodo di inflazione non temporaneo, che alza il rischio di inflazione duratura nonché di ricattabilità degli europei: un incubo. In uno di questi colloqui ho detto ai colleghi che le democrazie tendono a reagire ad un pericolo evidente e non ad agire, per varietà di opinioni nella normalità, ma che tale fenomeno di correzione, pur già evidente il pericolo, è al momento ritardato da un’onda anomala di consenso per l’ambientalismo limitativo ed illusorio. E che per riorientare le ecopolitiche verso il realismo bisogna intervenire criticamente sulla fonte ideologica dell’ecoconformismo ora in voga. 

 Per esempio, se la CO2 è il problema, come mai non si finanzia un programma tipo “Manhattan” o “Apollo” per realizzare al più presto tecnologie che la trasformino in carbonio solido, togliendone dall’atmosfera miliardi di tonnellate e producendo un tipo di materiale che ha qualità eccezionali, per esempio la conduttività elettrica? Di tali tecnologie ne esistono almeno tre in fase sperimentale, senza contare quelle di immagazzinamento in deposti sotterranei, e si può prevedere che almeno una entro un decennio possa funzionare bene, se adeguatamente finanziata. Per lo meno si faccia una valutazione pubblica, un confronto. Ma questo non viene fatto perché i centri dell’ecoconformismo temono che la possibilità di eliminare direttamente la CO2 possa compromettere la costruzione di centrali solari, eoliche e simili e attutire l’urgenza delle ecolimitazioni. Per esempio, se tale tecnologia fosse funzionante nel 2030-35, non sarebbe necessario vietare i motori termici, far pagare una tassa crescente ed “assassina” per l’emissione di CO2 e forzare oltre misura l’uscita dal petrolio e gas fossili, rendendo così più graduale e gestibile la pur necessaria transizione energetica. L’ipotesi è che l’ecoconformismo limitativo comprima la ricerca di ecosoluzioni vere, tutte legate a nuove tecnologie, per motivi ideologici e, nel caso dell’auto elettrica, di interessi vestiti per alcune nazioni ed aziende. Ci sono tanti altri esempi, ma questo dà l’idea del perché ci voglia un ecochiarimento.

Il punto riguarda la sostenibilità. C’è da sempre un conflitto tra espansione dei sistemi umani ed ambiente. Da circa diecimila anni questo ha prodotto una “artificializzazione” della natura, per esempio l’agricoltura, ma permettendo alla natura stessa di adattarsi all’antropizzazione. Ora la massa umana e delle sue protesi tecnologiche eccede la capacità del ciclo naturale di adattarsi senza soffrirne. Alternative: o si limitano i sistemi umani o questi intervengono con la tecnologia per permettere al ciclo naturale, e al pianeta intero, di sostenere i sistemi umani stessi. Dagli Anni 70 in poi ha preso piede la teoria dei limiti allo sviluppo. Da cui poi si è sviluppata l’idea che per ogni problema ambientale la soluzione è ridurre qualcosa nei processi antropici. Due varianti: quella ecofanatica che propone limitazioni strutturali all’antropizzazione e quella ecosostenibile che cerca un compromesso. Ma questo è sempre più influenzato dall’ecofanatismo, che ha raccolto i reduci dell’anticapitalismo e i desviluppisti, considerando inoltre che limitare è idea più semplificata - quindi predisposta al consenso - di quella di innovare e costruire, spostando il compromesso stesso verso l’accettazione di limiti, rischi e costi pesantissimi per le attività umane. E’ un’ondata d’opinione che ritarda le ecosoluzioni vere: de-carbonizzazione diretta, energia nucleare pulita, abbondante e, se a scala, poco costosa, sistemi a ciclo chiuso per procedure inquinanti, biotecnologie per rafforzare i vegetali in caso di estreme variazioni calde o fredde, infrastrutture di ecoadattamento, ecc. Si tratta, cioè, di dare priorità alle trasformazioni tecnologiche che permettano a Pianeta e cicli naturali di sostenere l’espansione antropica senza limitarla. In sintesi, dall’ecologia limitativa bisognerebbe passare all’ecologia artificiale dove il principio è che la Natura è al servizio dell’Uomo e non il contrario, dove l’Uomo ha il diritto e il dovere (e la necessità) di proteggere la Natura stessa, ma trasformandola e non facendosi trasformare da essa, come ben espresso dall’azione di Noè, descritta nel Vecchio Testamento. Infatti c’è un conflitto tra due religioni: neopaganesimo, il primato della Natura sull’Uomo, e umanesimo interventista di derivazione ebraica-cristiana, il primato dell’Uomo sulla Natura con il dovere di immettervi l’intelligenza che la Natura non ha. Dal primo derivano limitazioni e costi, dal secondo innovazioni tecnologiche, sviluppo illimitato ed ecosoluzioni vere e chiare: la moltiplicazione contro la sottrazione.  

(c) 2021 Carlo Pelanda
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