Scenari. Nella primavera del 2021 chi scrive chiese a colleghi dei think tank delle nazioni del G7, alcuni consulenti dei governi, se per loro prevaleva il rischio di aggressività della Cina o quello di una sua implosione economica. In particolare, la domanda citava la strategia delle tre C (confronto, cooperazione, competizione) varata dall'Amministrazione Biden: questa teneva in conto il problema dei due rischi, ma non aveva deciso una strategia, predisponendosi a marcare ciascuna delle tre C a seconda delle circostanze. Una scelta pragmatica, ma non risolutiva né globalmente stabilizzatrice. Per inciso, lo scrivente inserì questo tema nel suo libro recente «La riparazione del capitalismo democratico», proponendo un'ipotesi globo-stabilizzatrice. Ma, appunto, c'era e c'è bisogno di un concorso di idee per capire la strategia G7. Ora le risposte sono arrivate.
Primo «cluster» composto da analisti con marcate competenze economiche: se la Cina implodesse, non basterebbero tutte le risorse di un G7 + per tirarla su, con conseguenze globo-destabilizzanti e durature, tra cui l'aggressività esterna per mantenere il consenso interno, per esempio l'enfasi su Taiwan per compensare con nazionalismo la crisi interna.
Il confronto con la Cina, infatti, è molto diverso da quello con l'Urss: la seconda non era inclusa nel mercato globale mentre la prima ne è uno dei centri portanti. Quindi una sua compressione troppo forte sarebbe controproducente per tutti. Da un lato, un certo «decoupling» sarebbe prudente ed è in corso sia per politica ordinatrice di Xi Jinping sia per riduzione della dipendenza dalla Cina da parte del mondo delle democrazie. Ma c'è un limite ancora da individuare
Secondo «cluster», con enfasi più geopolitica. Il limite ci deve essere, ma l'obiettivo è quello di ridurre la potenza cinese entro i suoi confini perché è prevalente il rischio di sua aggressività, considerando la priorità di autotutela da parte del Partito comunista. Inoltre, alle democrazie serve un nemico credibile per compattarsi.
Terzo «cluster», industrialista: serve un competitore militare e tecnologico per spingere più risorse verso il supertech. Analizzando le enormi ricadute civili della Guerra fredda e lo stallo dovuto a nemici a bassa tecnologia nell'ultimo ventennio, è utile la sfida di un competitore simmetrico nello spazio, robotica, intelligenza artificiale, ecc. che traini un nuovo sviluppo tech. L'Ue?
La pretesa di autonomia strategica va calibrata in base alle capacità reali, ora insufficienti e compensabili solo via alleanza con i G7. La ricerca continua.