L’Opec + Russia ha trovato compattezza sulla seguente strategia: tenere il prezzo di petrolio e gas sufficientemente elevato per far fare profitti ai produttori, ma non troppo allo scopo di non incentivare energie alternative. Facendo un calcolo preliminare ciò implica, in realtà, un prezzo elevato tendenziale dell’energia fossile, con esito di pressione inflazionistica non regolabile dalle Banche centrali. Motivi: i costi delle energie alternative non-nucleari sono elevati e quindi è facile per quelle fossili restare competitive pur a prezzi elevati; inoltre, le forniture di eolico, solare e idrico sono vulnerabili sul piano della stabilità delle forniture. Forse i bio-carburanti e la composizione di idrogeno con metano, se a scala, potrebbero calmierare i costi, ma lo scenario è incerto. Così come lo è quello nucleare. In sintesi, i produttori di energia fossile hanno elaborato una strategia puntuta, confidando sul fatto che le energie alternative non avranno capacità sostitutive per decenni. Infatti alla mossa dell’Opec +, Stati Uniti, Cina e India hanno risposto immettendo nel mercato le loro riserve strategiche per calmierare i prezzi. Ma è una risposta debole.
Ce ne è una più forte? In teoria: produzione di biocarburanti massiva ed efficiente, mini-reattori a fissione dotati di sicurezza intrinseca, accelerazione degli esperimenti per la fusione nucleare e della produzione massiva di sistemi a idrogeno. Ma, al meglio, è una prospettiva di efficacia sostitutiva, al momento, di lungo termine. Nel frattempo, con rischi di inflazione e/o stagflazione? Andrebbe rotto il cartello dei produttori oppure accelerata la produzione di energia alternativa stabile, con investimenti molto superiori a quelli attuali? Lo scenario migliore per i non produttori sarebbe quello di contro-condizionare il cartello con metodi di pressione geopolitica per dare un tetto ai prezzi per almeno 10-15 anni, con dentro un compromesso che flessibilizzi gli ecostandard di de-carbonizzazione. Non è escluso che su questo punto vi possa essere una convergenza tra America e Cina. In tale ipotesi l’Ue si troverebbe isolata perché il suo approccio di far pagare sempre di più le emissioni di CO2 verrebbe depotenziato per diserzione dell’America, nonostante la contingente volontà contraria dell’amministrazione Biden. In tale ipotesi, accelerare la tecnologia di trasformazione massiva della CO2 in carbonio solido, riducendone la quantità in atmosfera, sarebbe la mossa giusta per mantenere il profilo verde, di potenza etica, dell’Ue correggendo l’irrealismo della sua eco-politica corrente.