O coalizione tra democristiani e socialisti, forse con l’inclusione dei verdi, o, un po’ meno probabile, tra democristiani, liberali e verdi. Comunque ci vorranno mesi per stilare un accordo di governo, nel frattempo Merkel gestirà l’incerta ripresa economica in Germania. Continuità? Ci potrebbe essere una novità importante per l’economia italiana in ambedue gli scenari.
Il modello economico tedesco, semplificando, si basa sulla massimizzazione dell’export per finanziare un protezionismo sociale molto marcato, ma minimizzando la spesa per investimenti interni per la priorità del bilancio statale in pareggio. Infatti la Germania viola la regola Ue di investire internamente una parte del surplus commerciale, comprimendo la domanda a favore dell’export di altre nazioni, in particolare dell’Italia per cui il mercato tedesco è il suo sbocco principale. La novità potrebbe essere un aumento della spesa interna tedesca per modernizzazioni infrastrutturali e aumento dei redditi qualora il peso dei socialdemocratici riuscisse ad attutire il rigore perseguito dai democristiani. Ma i democristiani stessi, e più di tutti i verdi, si sono resi conto della necessità di maggiori investimenti per riqualificare il sistema, già mostrando la disponibilità per più spesa a debito. Se tale linea di incremento di investimenti e consumi interni si consolidasse, l’economia italiana avrebbe il vantaggio di più export di beni e lavori, per un valore di circa lo 0,5% del Pil annuo: decisivo. La connessione tra industria italiana e tedesca è tale da formare un sistema integrato e più investimenti innovativi sulla seconda trainerebbero per necessità competitiva quelli sulla prima. Speriamo.