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Carlo Pelanda: 2021-8-1La Verità

2021-8-1

1/8/2021

Va aggiunta la priorità dell’eco-adattamento a quella della de-carbonizzazione

L’incremento di eventi alluvionali e di siccità rende evidente che il cambiamento climatico sia già in atto. Ciò implica l’attivazione di programmi immediati di eco-adattamento relativamente indipendenti da quelli di de-carbonizzazione. I secondi puntano a contenere (illusoriamente, al momento) il riscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi alla fine del secolo per evitarne uno verso i 5 gradi che avrebbe effetti catastrofici totali e non solo localizzati. La maggior parte dei nuovi eco-standard ed investimenti dell’Ue è indirizzato a questo obbiettivo remoto e molto meno o quasi niente è stanziato per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico che già c’è. Germania e dintorni sono stati da poco devastati da bombe d’acqua, senza dimenticare quella che ha colpito la provincia di Como; la costa occidentale del nord-America brucia ed è colpita da una siccità inabilitante, così come in Turchia, senza dimenticare la Sardegna (anche se vi è stata una manina umana); molte parti della Cina sono andate sotto acqua, ecc. Da anni si registrano fenomeni simili ad intensità e frequenza crescenti. Appunto: la necessità di mitigazione immediata degli impatti è evidente, ma tale evidenza non influenza ancora a sufficienza le scelte di allocazione di spesa per prevenzione degli Stati.

Perché? Nell’Ue forse si teme che l’enfasi sull’eco-adattamento indebolisca la profezia che passando all’auto elettrica e abolendo il petrolio il problema si risolva: l’analisi della condizionalità imposta dall’Ue per l’erogazione di risorse a debito comune agli Stati corrobora questa ipotesi. Si può aggiungere che l’evidenza di disastri climatici localizzati forse non è del tutto malvista perché avverte la popolazione che c’è un enorme problema, in prospettiva. O forse i governi non sanno come intervenire su una politica di eco-adattamento che implica il rifacimento del territorio e preferiscono affidarsi alla profezia che la salvezza sarà ottenuta dalla de-carbonizzazione perché immagine più semplificabile. In verità il concetto di “eco-adattamento” è già applicato in alcuni settori: i Paesi nordici stanno preparando le contromisure per l’aumento del livello del mare, così come il comune di Miami, e in agricoltura fioccano gli studi sul come rafforzare le piante in aree in via di tropicalizzazione con ingegneria genetica. Ma contro le bombe d’acqua alluvionali e le siccità non sembra esserci alcunché, se non insufficienti appelli a risparmiare l’acqua, riparare gli acquedotti, ecc. 

Chi scrive ha frequentato, da economista, le scienze climatiche quando fece parte di un gruppo che predispose, per il segretario-Generale dell’Onu, un’iniziativa di sensibilizzazione globale per la mitigazione dei disastri ambientali (UN-IDNDR). In quell’occasione – più di 20 anni fa – prese paura quando vide le simulazioni per il territorio italiano di bombe d’acqua e desertificazioni, combinate, predisposte dai colleghi delle scienze meteo. Questi colleghi chiesero allo scrivente un modello finanziario che mostrasse l’utilità della prevenzione. Fu fatto con il seguente risultato: se spendi 1 in prevenzione poi risparmi 10 per ripristinare il sistema dopo il disastro. Ma le ricerche attivate nel globo per valutare l’applicabilità della prevenzione mostrarono che non c’era consenso per questo schema razionale: il disastro portava soldi e semplificava gli interventi. Ma la natura dei disastri nell’ultimo ventennio è cambiata, per altro come previsto negli scenari: da localizzati e poco frequenti a duraturi e con ritmo-intensità crescente. Tuttavia, i governi rimangono sulla logica dell’intervento ex-post che, però, mostra già limiti di sostenibilità economica.

C’è un’idea tecnica di cosa fare, nei prossimi 10-15 anni prima che i disastri diventino del tutto sistemici, in particolare per l’Italia? Dopo alcune consultazioni con (poli)tecnici provo a stilare una prima lista incompleta e solo stimolativa di altre idee più istruite in materia. Acqua contro siccità e desertificazione: abbandonare logiche limitative e spingere sui dissalatori, tra l’altro settore certamente in crescita per l’export. Poi avviare la sperimentazione dell’irrigazione selettiva in aree secche, inserendo sistemi chiusi di ricircolo idrico e aggiungendo questo capitolo all’economia circolare (di cui l’Italia è campione mondiale). Per l’agricoltura via libera alla bio-modifica dei vegetali per renderli capaci di vivere in condizioni ambientali più variate. Contro bombe alluvionali: simulazioni idrogeologiche preventive, canalizzazioni, rifacimento di ponti e strade, zonazione con divieto di edificazione, coperture, ecc. Contro caldo e freddo estremi: micro-climatizzazione diffusa di aziende, negozi, scuole e case. Ho qui tralasciato la prevenzione epidemiologica contro malattie tropicali, la riduzione della vulnerabilità sismica e l’avvio della difesa contro impaludamenti dovuti al rialzo dei livelli del mare, pur l’enfasi sui dissalatori e sulle infrastrutture di contenimento parti correlate, sperando che gli esperti trattino la materia. Costi? Elevati, ma necessari per evitarne di maggiori senza mitigazione preventiva. Inoltre, il salto tecnologico richiesto potrà essere produttivo se ben guidato. L’Italia dovrà essere per forza avanguardia perché ha il territorio più vulnerabile del globo.

(c) 2021 Carlo Pelanda
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