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Carlo Pelanda: 2021-8-22La Verità

2021-8-22

22/8/2021

L’Italia ha il maggiore potenziale minerario europeo

Allarghiamo lo scenario geoconomico: le democrazie reagiranno e il regime talebano potrà contare solo sull’aiuto della Cina. L’interesse di Pechino a darlo, pur con prudenza, è duplice: controllo della minaccia terroristica islamista nel suo nordovest e, soprattutto, conquista delle risorse minerarie afghane, in particolare - oltre al rame di cui ha conquistato la concessione nel 2007 nel sito afghano di Mes Keniak e altri giacimenti di litio - le terre rare con lo scopo di rafforzare il quasi monopolio mondiale di queste che servono per le produzioni di alta tecnologia. Pertanto la reazione delle democrazie, oltre a sostenere il conflitto interno grazie alla mobilitazione della popolazione e delle tribù antitalebane, dovrà impedire il monopolio cinese dei minerali strategici che si sta già manifestando con strozzature all’export e aumento dei prezzi con conseguenze destabilizzanti. La priorità è ridurre la dipendenza da Pechino nel settore via “autonomia mineraria”, in generale, e in particolare perché tutta la rivoluzione elettrica e high tech si basa sulla disponibilità di terre rare e minerali strategici.  In tale contesto di competizione per la superiorità strategica tra Cina e mondo delle democrazie, entro cui ce ne è anche una “soft” tra Ue e Stati Uniti, è in atto una riscoperta del potenziale minerario europeo da cui ne sta emergendo uno enorme dell’Italia.

Per esempio, l’Italia possiede i più grandi giacimenti in Europa di antimonio (Toscana) e titanio (Liguria) essenziali per “smart phone”, pannelli solari, ecc. Circa l’80% del territorio italiano ha un’importante e secolare storia mineraria. Ma le miniere sono state quasi tutte chiuse per problemi di economicità che hanno fatto preferire le importazioni o per divieti ambientali o semplicemente per sottovalutazione della rilevanza strategica del potere minerario. Ma ora l’Ue ha deciso di favorire l’autonomia mineraria – colmando un deficit di import oltre i 30 miliardi annui - ed è probabile che tolga il divieto agli aiuti di Stato per il settore, favorendo nuovi investimenti. Questi dovrebbero essere impiegati, in primis, per esplorare con nuove tecnologie di ricerca i potenziali delle miniere chiuse per poca remunerazione in quanto i prezzi dei prodotti sono schizzati verso l’alto. Ci dovrà essere poi un programma pubblico-privato nazionale per definire nuove tecnologie di riduzione degli impatti ambientali. Al riguardo delle terre rare, i progetti di sfruttamento dovrebbero essere sostenuti da adeguati finanziamenti europei. Ma ci sono terre rare in Italia, oltre ai minerali strategici già noti? Vediamo l’elenco delle terre rare con esempi di loro impiego high tech: scandio (per raggi-x, ecc.); ittirio (usato per batterie ricaricabili, usi medici, televisori a colori); lantanio (per ottiche di alta qualità); cerio (protezione dalle radiazioni); praseodimio e neomidio (condensatori ceramici); promezio (strumenti per teleguida missilistica), samario (laser in vetro, schermi neutronici); europio (barre di controllo dei reattori nucleari, televisioni a colori); gadolinio (laser allo stato solido, chips per computer); terbio (magneti, memorie ottiche dei computer, componenti degli hard disk, leghe magnetiche), disprosio e olmio (reattori nucleari); erbio (lenti che assorbono i raggi infrarossi), tulio (per raggi-x) e itterbiolutezio (batterie ricaricabili). Indiscrezioni ricevute da tecnici fanno ritenere a chi scrive che ci sia abbondanza di parecchi di questi. Ma ci vorrebbe un nuovo censimento minerario (l’ultimo è stato fatto nel 2006 che ha valutato 3006 siti “tradizionali”) dedicato alle terre rare oltre che alla ripresa dell’estrazione di altri minerali strategici. Per svolgerlo ci vorrebbe la messa a sistema integrato di tutti i centri universitari italiani del settore, integrato con altri, per esempio quello dell’osservazione spaziale e l’impiego di satelliti con visione radar ad apertura sintetica (Sar) che possono facilitare l’osservazione geologica, senza dimenticare i “camminatori”. E le antiche cronache che risalgono agli Etruschi: rame, argento, oro e ferro. Nonché quelle del Regno del Piemonte: nichel, cobalto, rame e argento. I cercatori della Valle d’Anzasca possono confermare che lì c’è oro, i veneti di montagna si scambiano con attenta riservatezza antiche mappe delle miniere d’oro sfruttate da Venezia e Roma. Ma le terre rare sono il nuovo oro, cobalto e litio importanti anche se la ricerca sulle batterie di nuova generazione cerca di sostituire il secondo. Ma la ricerca dovrebbe andare oltre: l’anidride carbonica può essere immagazzinata sotto terra e, via catalisi, trasformata in carbonio solido: il miglior conduttore di elettricità per le future super-batterie, considerando che in Italia vi sarà un centro per la loro costruzione. La CO2 che oggi è vista come problema è in realtà una grande risorsa se trasformata.

Il nuovo censimento qui invocato e la messa in priorità dell’autonomia mineraria non è solo la giusta risposta ai tentativi cinesi di ricattare il mondo libero con il dominio dei minerali strategici, ma è anche una promessa di ricchezza: Assorisorse ha stimato che l’investimento in risorse minerarie ha un effetto moltiplicativo di almeno 10 volte sul sistema industriale che usa come input i minerali. Le terre rare promettono almeno 40 volte. Cerchiamole: robotica mineraria, chimica di estrazione pulita, droni-talpa, riciclo di minerali strategici, ecc., ulteriori innovazioni.

(c) 2021 Carlo Pelanda
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