Gli attori economici devono affrontare due nuovi tipi di rischio: epidemiologico e ambientale. Gli Stati sono chiamati ad una nuova missione di riduzione della vulnerabilità sistemica, sono in fase di apprendimento, ma appaiono ancora lontani dal raggiungere capacità sufficienti. In questo gap si infila il rischio di crisi economiche e gravi danni. Al riguardo del rischio epidemiologico, pur con eccezioni, la vaccinazione nel mondo è troppo lenta, esponendolo ad un lussureggiamento di varianti che, anche dove l’impatto medico è stato ridotto da una diffusa vaccinazione stessa, lo espongono ad incertezze. Il gap potrà essere colmato solo da un coordinamento globale della produzione e distribuzione dei vaccini, che, fortunatamente, l’industria appare in grado di produrre: che per ogni possibile epidemia vi sia un vaccino rapido per tutti diventa una condizione essenziale per la fiducia economica. Al riguardo della crisi ambientale è evidente che è già in atto: alluvione con danni per decine di miliardi in Germania, incendi e caldo killer dovunque nel mondo. Il troppo vapore acqueo nell’atmosfera genera bombe d’acqua, lo scioglimento dei ghiacci altera i cicli climatici rendendo estremi siccità e precipitazioni. Sta peggiorando. La Commissione europea ha proposto un’accelerazione della de-carbonizzazione, per ridurre l’effetto serra, ma con misure che suscitano sia dubbi di efficacia sia rischi di shock industriale, fiscale, nonché geopolitici. La proposta, infatti, verrà modificata dai governi. Ma manca il punto principale: ridurre la CO2 in atmosfera trasformandola via catalisi in carbonio solido. La tecnologia c’è, ma non gli investimenti necessari per svilupparla, globalmente. Bisogna capire perché.