Cresce nell’Ue la fiducia economica, particolarmente in Italia. Le previsioni subiscono frequenti revisioni al rialzo del Pil atteso per il 2021-22. Il rimbalzo c’è. Potrà essere consolidato generando una ripresa prolungata? Serpeggia il timore di una recrudescenza della pandemia a causa di nuove varianti del virus. Ma sia le istituzioni sia la scienza medica e l’industria farmaceutica hanno appreso come gestire il problema. Pertanto sul piano economico il rischio epidemico è basso, per lo meno in America e nell’Ue: infatti il mercato non lo sta scontando. Preoccupa di più l’impennata dell’inflazione e l’eccesso di debito stimolativo che è concausa dell’inflazione stessa. Appare evidente che i governi europei e statunitense abbiano usato l’emergenza pandemica come “scusa” per finanziare a debito programmi fantasmagorici di modernizzazione, tra cui la transizione energetica, la digitalizzazione diffusa e il rinnovamento infrastrutturale. Ciò è pregevole. Ma c’è troppo denaro a fronte della capacità di renderlo spesa produttiva. Per esempio, in Italia sono giornalieri gli appelli della politica consapevole a “spendere bene”, segno che c’è molta preoccupazione al riguardo. Il punto: se la spesa pubblica non divenisse produttiva, allora il megadebito generato non sarà sostenibile via crescita. In America c’è un confronto nel Congresso per allineare investimenti e capacità di renderli produttivi. Nell’Ue si è affermata una linea di controlli rigorosi sugli impieghi. Ma il sistema pubblico in Italia non è efficiente e quello politico è troppo incline all’assistenzialismo dissipativo. Se ambedue non cambiassero rapidamente, aumenterebbe il rischio non solo di flop della ripresa, ma anche di recessione nel 2023. Attenzione.