L’America sta usando la pandemia come “scusa” per caricare di consenso un piano di mega investimenti finalizzati a raggiungere e superare la Cina sul piano della modernità sistemica: al momento sono in via di stanziamento più di 6.000 miliardi di dollari. Una parte andrà a finanziare la ricostruzione delle infrastrutture ormai obsolete e fatiscenti, ma costruendone nuove “da fantascienza”; un’altra, quella minore, programmi di assistenza, il resto nuove tecnologie “iper” in alcuni settori, tra cui genetica, intelligenza artificiale, spazio, servizi finanziari, ecc. dove c’è già un primato statunitense. In generale, nello scenario a 10 anni l’America manterrà la superiorità strategica militare-tecnologica e ri-conquisterà la “superiorità di sistema” sul piano globale. La prima è una preferenza del pensiero repubblicano, la seconda di quello democratico. Ma si può osservare una convergenza sul concetto di “superiorità totale” civile-militare. Infatti c’è una continuità tra amministrazioni Biden e Trump: rendere l’America di nuovo grande. Il punto: i soldi messi a investimento in megadeficit, combinati con il vantaggio di “signoraggio indiretto” del dollaro come moneta di riferimento mondiale e, soprattutto, con regole per il settore del business che resteranno molto dinamiche pur immaginando un aumento delle tasse per soddisfare la parte di estrema sinistra del Partito democratico (fino a che terrà la maggioranza nel Congresso) rendono probabile che in un decennio l’America (ri)otterrà la superiorità totale. La Cina sarà probabilmente seconda, a quale distanza non è ancora chiaro perché è in bilico tra continuazione di un grande sviluppo, ma in rallentamento sul piano del ritmo nonostante la buona tenuta dell’economia, e l’implosione. Tuttavia - con i dati di oggi – è certo che l’Ue, se non spingesse di più la futurizzazione e la postura sia espansiva sia competitiva, resterebbe terza, ma molto distanziata, perdendo competitività e rilevanza mondiale.
Dal punto di vista dell’interesse nazionale italiano oggettivato, essere parte vincolata di un sistema europeo che, al momento, ha un destino da terzo mondo non è una buona prospettiva. Scartando l’opzione italexit, che sarebbe autodistruttiva, Roma dovrebbe premere gli altri europei affinché portino sia gli investimenti dai miseri e insufficienti 750 miliardi del Ngeu con orizzonte 2026 ad almeno 4.000 miliardi per cercare di pareggiare la superiorità statunitense, intanto superando la Cina: per competitività delle singole nazioni dell’Ue e per poter attuare una convergenza con l’America (quasi) alla pari allo scopo di renderla equilibrata.
In realtà, chi scrive ritiene scenario migliore la formazione di un mercato globale delle democrazie a partire da un nucleo euroamericano, con base la convergenza euro-dollaro e un rafforzamento dell’alleanza militare. In questa opzione la spinta futurizzante e di ricchezza verrebbe condivisa da tutte le democrazie con opportunità crescenti per tutti gli individui in esse. E sul piano geopolitico si formerebbe un aggregato enormemente più grande della Cina costringendola a rientrare nei propri confini e ad accettare la prevalenza globale degli standard democratici (commercio equo, Stato di diritto, trasparenza, ecc.) nonché la dominanza occidentale de-etnicizzata dalla presenza delle democrazie asiatiche. Così il capitalismo democratico vincerebbe su quello autoritario. Ma tanti segnali indicano che l’America persegue il dominio con formula solitaria, certamente volendo un’alleanza più coesa, ma mantenendo la superiorità sugli alleati e un plus competitivo per favorire il proprio business. Inoltre, i dati mostrano che il sistema binario sino-americano è il centro dell’economia globale sul piano dei flussi di merci e capitale nonostante la guerra economica in atto tra i due. Per esempio, le più grandi banche americane hanno da poco costruito joint venture con quelle cinesi ed hanno ottenuto da Pechino il diritto avere la maggioranza azionaria. La finanza comanda sulla politica? Ni: c’è un intreccio. Le banche americane puntano a conquistare l’enorme risparmio cinese e relativo mercato dei capitali (attorno ai 50mila miliardi di dollari): in tal caso nessuna banca europea raggiungerà la scala delle prime cinque statunitensi. Sull’altro lato, Pechino potrà contare sull’interesse della finanza statunitense a condizionare Washington affinché attutisca la guerra con la Cina. E Washington avrà un potere condizionante entro la Cina. In sintesi, ciò che sembra oggi un conflitto potrebbe diventare una collaborazione diarchica sul pianeta dove le nazioni dell’Ue sarebbero escluse e/o prede.
In conclusione, l’Ue – che come l’America ha usato la pandemia come scusa per trasformazioni competitive - deve configurarsi per diventare più ricca, tecnologica e, soprattutto, liberalizzata, nonché degermanizzata e defrancesizzata (per provincialismo strategico di queste nazioni diarchiche) sia nello scenario di integrazione alla pari con l’America sia per contrastare una minorità nell’eventuale convergenza sino-americana: l’Ue va “ristrategizzata” e deve investire almeno 4-5 volte più di quello che ha stanziato. Facciamo partire le riflessioni da questo dato e non dal compiacersi di 750 miliardi di euro, spiccioli in relazione al cambio di mondo che è all’orizzonte.