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Carlo Pelanda: 2021-5-9La Verità

2021-5-9

9/5/2021

L’Italia ha un gap comunicativo

Come mai le nazioni più rilevanti del pianeta hanno tutte una televisione che trasmette globalmente in Inglese i propri affari interni e la propria visione del mondo, mentre l’Italia non ce la ha nonostante il fatto che la comunicazione sia un moltiplicatore di forza e di marketing?

La Cina ce la ha per dare al mondo un’immagine di potere emergente e fare contro-informazione. E la fa bene, non solo nascondendo. Per esempio, in un dibattito molto franco sui problemi che ha la Cina per decarbonizzare nei tempi che ha promesso, un responsabile cinese della materia con tono molto determinato ha detto che quando i cinesi vogliono raggiungere obbiettivi che paiono impossibili, alla fine ci riescono, riferendosi al mito portante della “Lunga marcia”. Che poi non ci riescano, per il Partito comunista cinese è irrilevante: ciò che importa è comunicare forza e determinazione nonché responsabilità sia per far rispettare e temere la Cina sia per contrastare le imputazioni di essere un sistema tossico e inaffidabile (come in realtà è). E lo fa in Inglese perché una gran parte di coloro che fanno poi opinione nelle lingue nazionali del pianeta lo conoscono e fanno zapping tra le televisioni satellitari. La televisione francese in Inglese ha lo scopo di far percepire la Francia come una grande potenza. Quella tedesca in Inglese punta ad un’immagine di tranquilla affidabilità, così come la giapponese. Quella israeliana è sottile nel dare alla nazione lo status di vera democrazia (che in realtà è) e a dipingere gli anti-israeliani come odiatori della democrazia, nonché affermare l’immagine di una piccola nazione che però è una potenza militare e tecnologica. Quella russa, in Inglese, è la più sofisticata sul piano dell’analisi geopolitica. Ovviamente le reti statunitensi sono le più viste e ciò favorisce l’affermazione del punto di vista americano. La Bbc britannica resta il campione mondiale dell’informazione, ma profilandosi in modo multietnico con raggio Commonwealth, tenendo in vita l’idea di una Britannia globale. L’Italia, pur potenza economica con interessi in tutto il mondo, non c’è.

Perché dovrebbe esserci? Prima di tutto per marketing territoriale. Poi l’Italia in realtà è molto più ordinata di quanto percepito all’estero, ma questa idea non passa perché non la comunichiamo. Peggio, la percezione dell’Italia come “periferia”: non lo è affatto e si può mostrare che è parte centrale del ciclo del capitale europeo su una televisione italiana che trasmetta in Inglese. Qualcuno potrebbe dire che l’Italia è presente in “Euronews” che trasmette i medesimi servizi nelle lingue nazionali ed in Inglese. Ma in questa, per altro ben confezionata, trasmissione c’è un fuoco sulla Ue, non sulle nazioni. Infatti Francia e Germania hanno tenuto e potenziato i loro canali nazionali in Inglese.

 Per inciso, il 9 maggio si apre la serie di convegni sul futuro dell’Europa. In prospettiva ci sono due metodi alternativi di composizione delle nazioni in un complesso geopolitico: sovranità condivise, cioè tendenza ad una sovranità europea, e “sovranità convergenti e reciprocamente contributive”. Il primo è vulnerabile ai riferimenti alla nazione mentre il secondo ne tiene conto e tende a far lavorare il complesso mantenendo una marcata sovranità delle nazioni. L’architettura dell’Ue, infatti, è sempre rimasta in stallo tra questi due modelli: istituzioni comunitarie (Commissione, parlamento e, per l’Eurozona, Bce) e intergovernative (Consiglio). Ma le seconde, alla fine, comandano. Ciò fa prevedere, realisticamente, che sarà più razionale rendere reciprocamente contributive le sovranità nazionali piuttosto che tentare di abolirle. Questo è un altro buon motivo per avere un canale italiano che trasmetta in Inglese per contrastare i pesanti stereotipi che penalizzano la nostra nazione. Dovremmo mostrare anche le nostre magagne? Certo, nessuna altra nazione ne è esente e la trasparenza è un precursore di buona reputazione. Ne abbiamo bisogno e, alla fine, ce la meritiamo come nazione (come Stato meno).

In parlamento inizia la discussione sulla riforma della Rai. Nel suo piano industriale è prevista una Rai International e un nucleo di struttura sembra esista, ma l’iniziativa non è ancora decollata. Poiché tutti noi paghiamo un canone, sarebbe giusto che questo servisse, come servizio pubblico, anche la missione di presentare al mondo l’Italia e le posizioni italiane nella lingua che il mondo parla, coprendone i costi che probabilmente saranno maggiori dei ricavi, ma con un rendimento sistemico e duraturo. Altro capitolo, ma simile argomento, poi sono le produzioni filmiche su Netflix, Amazon, ecc.: cinesi, turchi, sudcoreani (bravissimi) ecc., stanno creando valore economico sulla loro storia, spesso inventata. L’Italia, con tutta la storia che ha, produce melense storielle buoniste oppure serie, tipo Gomorra, che confermano lo stereotipo negativo sull’Italia. Ma sappiamo fare film o serie televisive in questo Paese che diventino “epica” in tutto il mondo? In conclusione: pressare la Rai a realizzare il canale in Inglese che è nel piano industriale, ma fermo, e sprovincializzare le produzioni filmiche italiane, le due azioni di “gestione simbolica” combinate.

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