Nella primavera del 2013, dopo l’annuncio da parte di Barack Obama di voler creare due aree di mercato ad integrazione crescente e standard comuni con 11 nazioni del Pacifico (Tpp), per lo più democrazie, e l’Ue (Ttip), chi scrive avviò un programma di ricerca con il titolo: “deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva”. Con due fuochi: a) conflittuale, l’esclusione di Cina e Russia; b) selettivo, creazione di un “mercato delle democrazie” basato su relazioni simmetriche di fair trade e standard comuni perché la globalizzazione illimitata produceva un effetto impoverente sulle democrazie stesse. Agli inizi del 2017 il progetto naufragò. Dopo la parentesi Trump che tentò di ridurre il deficit commerciale statunitense con metodi troppo diretti (inefficaci, infatti) l’amministrazione Biden, dall’inizio del 2021, ha ripreso la strategia obamiana, generando però un multilateralismo selettivo più inclusivo: il mercato di tutte le democrazie separato da quello delle non democrazie, con un confine più duro per alcuni settori, ma non per altri. Nel giugno 2021 tale confine è il tema sottostante dei vertici G7 e Nato: chi scrive ha la sensazione che l’amministrazione Biden perseguirà una deglobalizzazione morbida, ma una riglobalizzazione molto selettiva, estendendo l’area di influenza statunitense.
Fatti recenti. La commissione per lo studio della riduzione della dipendenza dalla Cina ha appena terminato la definizione delle aree in cui sarà perseguita l’autonomia strategica degli Stati Uniti, come e con quanti investimenti. Il Commercio estero ha definito i criteri per l’accesso al mercato statunitense e le relazioni commerciali: rispetto degli standard democratici, ecologici, sociali e di trasparenza. L’America, ormai troppo piccola per guidare il mondo, sta tentando di mantenere la leadership sulla metà il cui aggregato è comunque il maggiore potere militare, economico e finanziario del pianeta. Diversamente da Trump, Biden ha capito che ha bisogno dell’Ue. Diversamente da Obama, Biden ha colto che non potrà privilegiare troppo il fronte asiatico-Pacifico deludendo gli europei, tendenza che apre uno spazio per una Nato globale. Pertanto sta prendendo forma iniziale un mercato delle democrazie con lo scopo di rendere maggioritari i flussi finanziari e commerciali al suo interno in relazione al sistema binario sino-americano. Tale scenario rafforzerebbe le democrazie - come argomentato dallo scrivente nel libro “La riparazione del capitalismo democratico” (Rubbettino, giugno 2021) - se vi fosse anche una graduale convergenza monetaria tra loro.