L’andamento dello spread indica che l’Italia deve fare qualcosa in più per convincere il mercato finanziario internazionale che il suo debito pubblico sia sostenibile e ripagabile. Più crescita e più presto? Certamente: un’accelerazione della riapertura completa dei flussi di persone potrebbe portare il Pil 2021 ora previsto tra il 4 e 5% a salire verso il 7%, entrando in forte crescita nel 2022 e recuperando tutta la perdita del Pil 2020 (8,9%) entro il primo trimestre del 2022 stesso. Per poi proseguire l’anno in espansione e così migliorare il rapporto debito/Pil alla fine del 2022, data critica per il possibile ripristino del rigore. Dovrebbe l’Italia cercare alleati per influenzare Ue e Bce affinché mostrino un ombrello di protezione solido e duraturo che convinca il mercato a riclassificare l’Italia come “safe zone”? La conduzione Draghi sta facendo proprio questa mossa aumentando la convergenza con la Francia per un interesse comune a modificare il Patto di stabilità e mantenere la Bce in postura espansiva. Dovrebbe poi essere perfettamente conforme alla condizionalità imposta dall’Ue per erogare i fondi? Dovrebbe. Tuttavia gli analisti di mercato annotano nei loro scenari che, anche se il rimbalzo italiano 2021 fosse buono, poi la probabilità di una crescita robusta nel 2022 e dopo resta bassa per la difficoltà di liberalizzare in poco tempo un modello di rigido statalismo. Poi annotano che la Francia mai rischierà una rottura con la Germania qualora questa pretendesse con forza il ritorno al rigore, pur considerando l’eventualità di un governo europeista se vi entrassero i verdi. E annotano un rischio di inflazione. Pertanto l’Italia, oltre a tentare di fare la brava, deve inventarsi qualcosa di straordinario per rassicurare il mercato.
Chi scrive ri-propone un “Fondo italiano di bilanciamento” (Fib) che dovrebbe comprare, pagando con obbligazioni a rendimento variabile (tokenizzate), immobili, concessioni e partecipazioni statali e locali. Poi lo Stato ripagherebbe in parte i creditori (solo istituzionali), quando i loro titoli di debito vengono a maturazione, con tali obbligazioni. Così il bisogno di rifinanziamento del debito e il debito stesso sarebbero minori. Quanto? Se il patrimonio immobiliare statale e locale diventasse disponibile attraverso una norma di centralizzazione, e definendo alcune concessioni e partecipazioni trasferibili, la cifra potrebbe essere tra i 200 e 400 miliardi. Certamente il mercato registrerebbe la buona e concreta volontà dell’Italia di ridurre e ripagare il debito, aumentando il voto di affidabilità.