L’Amministrazione Biden sta ampliando i confini della Pax Americana fino a (re)includere l’Ue e le democrazie del Pacifico. All’interno di questo movimento si è formato presso il G7 (in via di estensione) un nucleo di consultazione per il coordinamento delle politiche verso Russia e Cina. Questo movimento è spinto dalla Grand Strategy statunitense di creare un’area di influenza più grande della Pax Sinica, per restringerla fino ai confini interni della Cina, e per soffocare sia tecnologicamente sia economicamente la Cina stessa. Va annotata la diversità del metodo, pur nella medesima strategia, tra Amministrazioni Obama e Biden. Obama puntò (2013 – 16) a costruire prima due aree di libero scambio, nel Pacifico e l’altra nell’Atlantico, che escludessero sia Cina sia Russia, per poi dare a queste una struttura politica. Biden sta facendo il contrario: prima la struttura politica e poi, eventualmente, l’integrazione economica dell’area. Probabilmente ciò sta accadendo perché la burocrazia imperiale statunitense si è accorta che la Cina è molto abile a prendere una postura di contrapposizione simmetrica ai tentativi americani di influenza con mezzi economici (Via della Seta, Rcep nel Pacifico, ecc.) mentre è molto vulnerabile all’impiego di armi morali.
Per esempio l’accordo “Cai” tra Ue e Cina è saltato perché nessun governo e partito nelle democrazie europee se la sente di rischiare il consenso per complicità con un regime accusato di autoritarismo e repressione, nonostante gli interessi pratici. Inoltre, la Cina, invece di mascherare autoritarismo ed aggressività, le ha accentuate, minacciosamente. Gli strateghi statunitensi, vedendo in questa postura del nervosismo, hanno aumentato le provocazioni per ottenere reazioni poco lucide, tra cui il reingaggio della Corea del Nord come eventuale proxy bellico, i sorvoli di Taiwan, ecc., da parte di Pechino che hanno provocato paura negli stati del Pacifico e irritazioni nell’Ue. La Russia, invece, ha ridotto (un po’) la postura aggressiva contro l’Occidente perché il suo centro strategico ha capito meglio la potenza dell’arma morale impiegata dagli Stati Uniti per disegnare i confini di un impero del bene contro uno del male nel mondo: Mosca vuole relazioni con il primo, pur con lo status di impero autonomo, e non essere considerata parte del secondo. Infatti, fino a poco fa sembrava che il confine tra alleanza globale delle democrazie e Russia fosse più duro di quello con la Cina. Ma i segnali che Mosca sta dando fanno prevedere il contrario se si confermeranno, per esempio, via ritiro dal teatro libico.